“La destra ha dirigenti modesti e nessuno ha capito Gramsci”

Marco Tarchi Politologo e accademico: “L’establishment? Non esprime simpatie perché non è conveniente”
francesco grignetti
L’inchiesta di Fanpage sta svelando l’esistenza di una galassia di estrema destra forse più estesa di quanto si creda comunemente. Il politologo Marco Tarchi, che conosce bene quel mondo perché è da lì che proviene, ritiene però che gli allarmi siano eccessivi. «Da alcuni anni l’estrema destra viene rappresentata mediaticamente, e persino da un gran numero di studi accademici, come un’idra che ha rialzato le sue mille teste e minaccia le nostre società. A me pare che anche questa inchiesta dimostri che il fenomeno è molto più marginale e coinvolga gruppuscoli di scarsa consistenza».
Giorgia Meloni ha finalmente preso posizione contro il nostalgismo fascista. Perché ha tardato tanto? Perché forse il nostalgismo fa parte di una cultura di destra a cui non sentiva di doversi distaccare? O per motivi elettoralistici, e quindi la frazione di estrema destra, pur piccola, le faceva gola?
«Perché esiste in Italia una consistente area di opinione che, pur non sognando alcuna restaurazione di un regime autoritario e non avendo nessuna vocazione alla violenza, del fascismo ha una immagine d’insieme più vicina a quella che emerge dagli studi Renzo De Felice che non a quel Male Assoluto descritto da alcune “autorità morali” e parti politiche del nostro paese. Fratelli d’Italia guarda anche a loro».
Si sostiene che Giorgia Meloni non voglia troncare di netto con il ricordo stesso del fascismo perché ritiene che quello sia stato l’errore fondamentale di Gianfranco Fini.
«Quella di Fini fu una scelta opportunistica e improvvisata, mal digerita dal suo elettorato, che finì col respingerla. Ripetere quell’errore sarebbe politicamente suicida. Fra rielaborare criticamente e rinnegare c’è una forte differenza».
La nuova puntata di Fanpage è dedicata alla contiguità tra estrema destra e Lega. Ritiene che sia stata l’inevitabile conseguenza della svolta verso il sovranismo?
«Penso piuttosto che sia stato un espediente per allargare la presenza leghista in zone dove il partito non aveva alcun insediamento, come Roma. Del resto, il rapporto con Casa Pound si è quasi subito interrotto. Troppe le differenze, poche le affinità».
Che cosa è oggi la destra?
«Si può iniziare col dire che di destre ce ne sono molte e che fra di esse le distanze ideologiche sono, su vari temi, molto pronunciate. Destra e sinistra sono categorie eterogenee, buone per capire alcune dinamiche della politica del XIX e di parte del XX secolo, inadatte alla comprensione dello scenario attuale, dove convergenze e antagonismi sono trasversali rispetto a quella linea divisoria e si diversificano a seconda delle questioni che entrano in gioco».
Ma non c’è una distanza troppo forte tra che cosa la destra ritiene d’essere e come è percepita?
«Prima di tutto, c’è un errore di fondo delle varie destre nella comprensione delle dinamiche politiche, che le porta a sottovalutare il peso dell’azione sul piano culturale nell’influenza sulle mentalità collettive. È sulla base delle credenze che si sono formate ad opera di vari fattori e stimoli che le persone orientano le proprie scelte politiche. Chi non si impegna nella lotta per l’egemonia culturale – come Gramsci aveva intuito e predicato – è sconfitto in partenza, almeno nel medio e lungo periodo. È una lezione che le destre attuali, tutte intrise di un miope pragmatismo, si rifiutano di imparare».
Lega e FdI hanno un problema di gruppi dirigenti.
«Bisogna tener presente che si tratta di due partiti che, per le loro tendenze anti-establishment, non hanno raccolto sin qui particolare credito negli ambienti che contano. Tanto che esprimere simpatie nei loro confronti crea tuttora reazioni negative e diffidenze, con conseguenti rischi di carriera. Questa situazione potrebbe cambiare solo se riuscissero ad insediarsi al governo e a rimanerci per un periodo non breve».
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