La Catalogna e il suo leader.

Come era prevedibile la Procura generale spagnola ha chiesto ufficialmente l’incriminazione dell’ex presidente catalano Carles Puigdemont con l’accusa di ribellione, sedizione e malversazione. Insieme a lui sono finiti nel mirino della Fiscalía general altri tredici membri del governo regionale destituito della Catalogna e sei parlamentari, tra cui il vice Junqueras e l’ex presidente della Camera Carme Forcadell, accusati di aver consentito la dichiarazione d’indipendenza. Qualora Puigdemont e i suoi fedelissimi non dovessero presentarsi davanti ai giudici l’incriminazione si trasformerebbe in una richiesta d’arresto. La legge spagnola prevede infatti la detenzione immediata per i latitanti davanti alla giustizia e una pena dai 15 ai 30 anni di reclusione per il reato di ribellione. Il procuratore generale José Manuel Maza ha chiesto anche un sequestro cautelare di beni pari a 6,2 milioni di euro in virtù della spesa per la celebrazione del referendum ritenuto illegittimo dal governo spagnolo.

Intanto Puigdemont, insieme ad altri cinque ex ministri, si è recato a Bruxelles, dove ha appena concluso una conferenza stampa durante la quale ha affermato di esser giunto nella capitale belga non per chiedere asilo ma per «portare la questione, nel cuore dell’Unione Europea».

L’ultima apparizione pubblica di Puigdemont risaliva allo scorso sabato, quando davanti alle scale della sede del governo regionale a Girona aveva esortato il popolo catalano all’opposizione democratica nei confronti della decisione del Senato spagnolo di applicare l’art. 155 della Costituzione.

Da Madrid non filtra alcuna preoccupazione per la sua fuga: l’importante è che Puigdemont rimanga lontano dal Palazzo della Generalitat, la sede del governo catalano. In seguito all’applicazione dell’art. 155 tutti i poteri del governo regionale autonomo della Catalogna sono passati nelle mani del governo spagnolo.

In attesa delle elezioni del 21 dicembre a governare la Catalogna sarà una donna: Soraya Sáenz de Santamaría, vice presidente del governo spagnolo. Nel primo giorno lavorativo dal commissariamento i rappresentanti catalani decaduti hanno avuto soltanto il tempo di prelevare documenti ed effetti personali dal Parlamento e dagli uffici ministeriali. I Mossos d’Esquadra, la polizia catalana il cui capo operativo è stato destituito da Madrid già da alcuni giorni, hanno intimato all’ex ministro Josep Rull, che aveva pubblicato una foto su Twitter in cui era ritratto “a lavorare” sulla sua scrivania davanti al computer, di lasciare subito l’ufficio, altrimenti sarebbe stato arrestato per usurpazione di funzioni pubbliche.

Più che per le sorti di Puigdemont, a Madrid sembrano preoccupati delle elezioni del 21 dicembre. Il partito indipendentista di Puigdemont ha appena annunciato che si candiderà alle prossime elezioni regionali,  ma, come dimostra il successo della manifestazione unionista di domenica scorsa lungo le strade di Barcellona, non è affatto scontato che le formazioni secessioniste possano ottenere la maggioranza.