Chi comanda davvero nei Cinque Stelle? L’analisi del nuovo statuto di Conte

SALVATORE VASSALLO

 

  • Sembra che alla fine Giuseppe Conte abbia conquistato la leadership del Movimento 5 Stelle.
  • Grillo ha dovuto prendere atto che sentimenti e opinioni della base si sono in larga prevalenza spostati a favore del professore.
  • Altre inattese zampate del Garante sono sempre possibili, ma con unghie sempre più spuntate.

Sembra che alla fine Giuseppe Conte abbia conquistato la leadership del Movimento 5 Stelle. Beppe Grillo ha dovuto prendere atto che  sentimenti e opinioni della base si sono in larga prevalenza spostati a favore del professore. La resistenza di Grillo da un lato e dall’altro la determinazione di Conte, sostenuta e mossa dalla rete di relazioni create nel tempo tra gli eletti attraverso Casalino, Crimi, Di Maio, hanno reso l’esito dello scontro ancora più netto.

Altre inattese zampate del Garante sono sempre possibili, ma con unghie sempre più spuntate. Per celebrare la sua affermazione e il nuovo inizio del MoVimento, Conte si è messo in camicia bianca con maniche arrotolate, immagine che ammicca ai leader quarantenni della sinistra europea riuniti a Bologna nel settembre 2014, nel fugace momento in cui sembrarono vincenti. Quasi un avvertimento che Enrico Letta non dovrebbe sottovalutare, argomento per una diversa analisi.

Per il momento, ecco una rassegna delle principali novità nelle governance pentastellata. Come è noto, lo statuto del M5S non è stato mai concepito per disciplinare la competizione tra gruppi dirigenti che si alternano (per cui, lo statuto è stabile, i dirigenti cambiano).

Nel M5s a ogni equilibrio di potere corrisponde un nuovo statuto, scritto da/per chi è destinato a comandare. Ci sono stati quindi gli statuti di/per Grillo, Luigi Di Maio, Vito Crimi (durato poco e mai applicato), ora è arrivato il momento dello Statuto di/per Conte.

Il simbolo. Nello statuto ci sono sia il vecchio (con Blogdellestelle) sia il nuovo (con, in alternativa, in rosso, 2050). Si potrà decidere di usarli entrambi (non è chiaro chi lo potrà decidere) e si potranno modificare senza emendare lo Statuto. Questo consentirebbe anche di far spuntare, nelle prossime elezioni, un “Conte Premier” che, come elemento di marketing, sarebbe una buona mossa.

La carta dei principi. La carta dei principi è una riscrittura astratta e in stile contiano dei tradizionali pilastri politico-culturali grillini. Con due nette inversioni. L’adesione ai «tradizionali pilastri della nostra politica estera [italiana], a partire dall’appartenenza all’Unione europea».

L’abiura del Vaffa e dell’odio disseminato attraverso la rete: «Le espressioni verbali aggressive devono essere considerate al pari di comportamenti violenti».

Tutti i poteri del presidente. Il presidente ha in pratica poteri assoluti. Può liberamente spostare, creare, sopprimere sedi del partito in tutta Italia (tranne che trasferire la sede legale dal Comune di Roma). È l’unico titolare dell’indirizzo politico. Decide l’assunzione dei dipendenti e può spendere senza delibere di altri organi per importi fino a  100.000 euro.

Propone tutti i regolamenti interni previsti dallo Statuto: quindi il Comitato di Garanzia, a cui è demandata l’approvazione, non può modificarne il contenuto senza il suo consenso; in caso di conflitto, la decisione è rimessa al voto degli iscritti.

Stabilisce con un “parere vincolante e insindacabile” se le candidature a cariche istituzionali sono o no compatibili “con i valori e le politiche del M5S”. “Dirige e coordina” la comunicazione, la Scuola di formazione, oltre a tutti i comitati esecutivi di cui si dirà tra poco.

Il Garante e le sue propaggini. A Grillo rimangono alcuni poteri di consultazione e di veto, in prima persona o attraverso gli organi di sua emanazione: il Collegio dei probiviri e il Comitato di Garanzia, che sono composti entrambi da 3 persone, scelte dagli iscritti in una rosa di (almeno) 6 da lui indicata.

Quindi, Grillo potrebbe in teoria mettere suoi fedelissimi negli unici organi che hanno qualche possibilità di limitare l’autonomia di Conte. Ma non si sa se fedelissimi di questo tipo esistano a ancora, e quanto eventualmente potranno resistere nella stessa postura.

Lo stato maggiore. Il numero totale dei dirigenti del partito in senso stretto (cioè dei componenti di organi statutari con poteri effettivi), oltre a Garante e Presidente, non è superiore a 19: il presidente, il Garante, il Tesoriere, Comitato di Garanzia (3), Probiviri (3), Consiglio Nazionale (i capigruppo di Camera, Senato, Europarlamento più, eventualmente, il/i vicepresidente/i, il rappresentante degli eletti all’estero, il capodelegazione nel Governo, i Coordinatori dei Comitati). Di questi 6 sono scelti dal Garante e quasi tutti gli altri sono scelti di fatto o di diritto dal Presidente.

Gli altri organi senza poteri decisionali. Sono poi previsti quattro Comitati operativi, “diretti e coordinati” dal presidente, per coprire quattro aree canoniche per qualsiasi partito: programma, formazione, rapporti europei ed internazionali, organizzazione (denominato “rapporti di prossimità territoriale” con l’evidente obiettivo di rimarcare ulteriormente che i gruppi costituiti in sede locale non hanno una autonoma soggettività politica).

Sono previsti e si dà molta enfasi al ruolo dei Forum tematici, che sono però solo sedi di dibattito. Infine, ci saranno i gruppi territoriali, con la specificazione di cui sopra.

Tutela delle minoranze e diritti degli associati. Lo statuto promette “tutela delle minoranze” e “ampia rappresentatività”. Ma data la composizione degli organi statutari, non si capisce come possano essere misurate, rappresentate e quindi tutelate le “minoranze”.

I diritti degli associati sono ora garantiti, oltre che dagli organi interni, da una articolata procedura arbitrale, dettagliatamente specificata nello statuto.

Con la conseguenza che «le parti saranno libere di adire il Tribunale competente» solo se la procedura arbitrale si prolunga oltre i termini previsti.

Inoltre (Art. 5/a) chi ha chiamato in giudizio una qualsiasi articolazione del MoVimento, a prescindere dal fatto che il giudice gli abbia dato ragione o torto, non può più essere iscritto. È un po’ strano, per un partito così fiducioso verso la magistratura.

Limiti alle indennità e finanziamento pubblico indiretto al partito. Come in passato, sono previste “restituzioni” di una quota delle indennità “alla collettività”. Ma ora vengono chiamate “restituzioni” anche le quote che gli eletti sono obbligati a versare al M5s.

Si tratta in sostanza di una distrazione di risorse che la legge o i regolamenti delle Camere riconoscono per l’esercizio individuale del mandato elettivo e che così si trasformano in una forma indiretta di finanziamento pubblico del partito.

Vale per tutti, dal Pd a FdI, ma suona più ipocrita per chi dichiara la sua contrarietà ideologica al finanziamento pubblico. La cosa strana in questo caso è che dall’elenco degli eletti tenuti a questo regime sono scomparsi i parlamentari europei.

La piattaforma web. La Casaleggio e l’uso della piattaforma Rousseau non sono in linea astratta escluse. Le piattaforme che garantiscono la partecipazione degli iscritti potranno anche essere affidate a società esterne.

Viene tuttavia precisato che «queste prestazioni saranno regolate da specifici accordi che dovranno garantire che tutte le questioni e le decisioni di rilievo politico saranno integralmente rimesse alle iniziative dell’Associazione e dei suoi competenti Organi sociali».

Associazione, movimento, partito. Lo statuto regola la vita di una “Associazione” che pretende di essere un “Movimento”, mentre è in realtà un “partito”.

Anche Conte deve adeguarsi a questo feticcio retorico. Ma la contraddizione inevitabilmente riemerge anche nello stesso testo dello statuto, ad esempio dove si dice che gli iscritti possano essere sottoposti a sanzioni disciplinari per «l’adesione ad altri partiti politici».

Le modifiche dello Statuto e le altre “decisioni degli iscritti”. Ovviamente tutto lo statuto mette una enorme enfasi sulla partecipazione degli iscritti. Rimane il fatto che gli iscritti non si possono auto-organizzare, che le decisioni sono prese e le proposte su cui gli iscritti votano sono prestabilite da un nucleo assai ristretto di dirigenti, sia che si tratti di eleggere persone, sia che si tratti di approvare indirizzi politici. Niente di così strano, per un partito contemporaneo.

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