IL TENTATIVO DI RICREARE UN SIMULACRO DI CENTRODESTRA

 

di Massimo Franco

 

Dopo avere fallito la regìa sul Quirinale, Matteo Salvini si prepara a tentarne un’altra. L’obiettivo è meno ambizioso e forse meno velleitario: rimettere insieme un centrodestra lacerato dalla rielezione di Sergio Mattarella, in vista del prossimo turno elettorale amministrativo. I precedenti non depongono a suo favore, né del suo schieramento. Al voto nelle grandi città dell’autunno scorso, da Roma a Milano, Lega, FdI e Forza Italia hanno presentato candidature inadeguate e perdenti. E hanno frustrato le aspettative regalate da sondaggi che li danno in testa.

Anche questa volta, sono considerati potenzialmente vincenti nelle stesse proiezioni per le Politiche rispetto a Pd e M5S: sempre che non si dividano. Tanto più per le convulsioni crescenti nella nebulosa grillina, che indeboliscono qualsiasi ipotesi di alleanza col partito di Enrico Letta. La sfida si gioca sulla capacità del centrodestra di ritrovare almeno un simulacro di unità, tuttora lontano; e complicato da una competizione per la leadership con Giorgia Meloni che si riflette anche sull’atteggiamento agli antipodi nei confronti del governo di Mario Draghi.

Il tentativo salviniano di riproporsi come regista si presenta dunque complicato. «Io sto lavorando perché il governo tagli le bollette», ha annunciato ieri il capo leghista. «Poi chiamo tutti i leader del centrodestra perché i litigi nei territori, dalla Sicilia alla Liguria, non sono una buona immagine. Portiamo a casa il decreto, e poi ci sediamo intorno al tavolo perché divisi non andiamo da nessuna parte». Strategia lineare, eppure non facile da tradurre politicamente. «Lavoro per unire. In Sicilia si sta litigando ma come Lega abbiamo il ruolo dei pacificatori».

Ma assegnarsi il ruolo di cucitore chiamato a rimettere insieme gli alleati ripropone un protagonismo non gradito. Bruciano gli scontri con la destra d’opposizione. E il partito di Silvio Berlusconi già mette davanti a Lega e FdI il proprio candidato per la presidenza della Sicilia. E Giorgia Meloni fa pesare sia le percentuali che le assegnano i sondaggi, sia il «no» a Draghi e a Mattarella: due scelte che la contrappongono in particolare a un Salvini che rivendica l’appoggio al governo come «scelta di responsabilità».

Sembra una sorta di prova d’appello finale, oltre la quale i conflitti degli ultimi mesi promettono di assumere contorni definitivi. Il presidente del Friuli-Venezia Giulia, il leghista Massimiliano Fedriga, assicura di non vedere «maretta» nel centrodestra. Ammette solo che si deve «riassettare», con lo sguardo rivolto al 2023. Meloni risponde rilanciando sul presidenzialismo contro «la palude parlamentare». Sono premesse di una trattativa lunga e incerta.

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