“In base alla formula utilizzata, possiamo presumere che la Corte considera esistenti i fatti, ma ritiene, al tempo stesso, che non costituiscano illecito penale”.

Firenze, Mussari e gli ex vertici Mps assolti al processo d’appello sui derivati “Alexandria”

L’ex presidente di Mps, Giuseppe Mussari

La corte ribalta la sentenza di primo grado che aveva condannato gli imputati per ostacolo alla vigilanza esercitata da Banca d’Italia

La corte di appello di Firenze ha assolto l’ex presidente di Banca Monte dè Paschi di Siena, Giuseppe Mussari, l’ex direttore generale Antonio Vigni e l’ex responsabile dell’area finanza, Gianluca Baldassarri. In primo grado erano stati condannati a tre anni e mezzo per ostacolo alla vigilanza di Banca d’Italia.

Erano accusati di aver nascosto il mandate agreement, cioè il contratto per la ristrutturazione del derivato Alexandria,  stipulato con la banca giapponese Nomura. Un contratto ritenuto estremamente oneroso per Mps. La corte d’appello ha evidentemente ritenuto che l’aver riposto il contratto in cassaforte non abbia costituito occultamento.

In aula, lo scorso 3 novembre nell’arringa difensiva il professor Tullio Padovani, legale di Mussari, aveva detto: “Chi ha nascosto cosa a chi? Non Mussari, per il quale si impone l’assoluzione piena”. Uscendo dal tribunale poi, Padovani ha ripetuto più volte la stessa domanda: “Chi ha nascosto cosa?”- aggiungendo un giudizio durissimo sulla vicenda: “E’ il processo più schifoso degli ultimi 50 anni, un processo che fa raccapriccio”.

Prima ancora, il 13 ottobre, il pg Vilfredo Marziani, affiancato dai pm di Siena Antonino Nastasi e Aldo Natalini, aveva chiesto alla corte di inasprire la condanna contro l’ex presidente e gli altri due imputati, sollecitando 7 anni per il primo e 6 per gli altri due. Al centro delle requisitorie c’era sempre il presunto occultamento del “mandate agreement “, contratto che – secondo l’accusa – era essenziale per capire la ratio di una colossale operazione realizzata nel 2009 con la banca giapponese Nomura.

Il “mandate”, conservato in una cassaforte e ritrovato soltanto il 10 ottobre 2012, collegava la ristrutturazione del derivato Alexandria – che in seguito alla crisi dei mutui subprime aveva generato perdite per Mps per 220 milioni – alla operazione di acquisto di Btp a scadenza 2034. Secondo le accuse, Nomura si sarebbe accollata (o avrebbe finto di accollarsi) le perdite del derivato Alexandria e in cambio Mps avrebbe messo a garanzia dell’operazione l’acquisto di tre miliardi di Btp (finanziato da Nomura), in modo tale da spalmare le perdite generate da Alexandria nei successivi 25 anni. Il tutto ha avuto un esito disastroso per Mps, con perdite ulteriori di circa 300 milioni.

Le reazioni. Il pm di Siena Antonino Nastasi subito dopo l’assoluzione: “Le sentenze non si commentano ma si rispettano, sia quelle d’assoluzione sia quelle di condanna”.  E l’avvocato Fabio Pisillo, uno dei legali di Mussari all’uscita dal tribunale: “Certo che è felice, gli ho già telefonato”. E poi: “Eravamo estremamente fiduciosi anche prima, oltre tutto per Mussari i pm non erano riusciti a dimostrare né in primo grado né qui – ha aggiunto Pisillo – che lui fosse a conoscenza del mandato che lui non aveva mai firmato”.

Da Banca Italia si lascia filtrare la seguente spiegazione: “In base alla formula utilizzata, possiamo presumere che la Corte considera esistenti i fatti, ma ritiene, al tempo stesso, che non costituiscano illecito penale”.