Il predicatore-maratoneta

Con la storia di Bernardino da Siena inizia una serie dedicata ai santi che vissero in Toscana I suoi discorsi duravano fino a 45 giorni, e le sue tavolette furono adottate anche da Giovanna d’Arco

 

Arrivava quest’uomo scheletrico, sdentato, sbilenco, dai movimenti meccanici, innaturali. Mentre percorreva le vie della città la gente rideva, o gli gettava del cibo cattivo dalla finestra. Uno gli ruppe un dito con un pezzo di pane secco. Ma quando cominciava a predicare scattava in lui una molla, il corpo si raddrizzava, lo sguardo si accendeva e non bastava una chiesa per contenere la folla. Era capace di predicare per quarantacinque giorni di fila, a volte anche ottanta.

A Siena un operaio tessile lasciò il lavoro per ascoltarlo predicare in Piazza del Campo e inventò un sistema segreto per trascrivere velocemente le sue parole, che altrimenti sarebbero andate perdute. Sapeva fare i versi degli animali e spesso iniziava i discorsi con «doh», una specie di toh. Diceva cose come: «Doh, vi vedo: siete impauriti e rabbiosi, diffidenti. Schiacciati dalla morte quotidiana. Sai come è fatta la morte quotidiana? È come quando prendi una lucertola e le metti sopra un peso, così che lei non muore ma non può muoversi. E perché siete così? Perché siete divisi. Le divisioni tra le persone sono la casa calda: l’inferno. Sei ghibellino? All’inferno! Sei guelfo? All’inferno».

A noi oggi dei guelfi e dei ghibellini non ce ne importa più niente. Ma basta immaginare due fazioni contrapposte. Uno dalla folla gli disse: «Io sono fiero delle mie idee. Schierarsi è peccato?». «Doh, sì, se spacchi la comunità e non ascolti quell’altro. Non vedi che anche le galline dopo aver litigato chiamano le altre per mangiare insieme? Tu sei peggio di loro» e fece il verso della gallina, così meravigliosamente che la folla si convinse che aveva ragione. Un ricco mercante disse: «Che vuoi da noi, frate. A me non manca nulla». Bernardino sorrise di quel sorriso terribile, c’erano momenti di furore e illuminazione in cui prendeva fuoco da dentro: «Sai che ti manca? Ti manca l’ira di Dio». Ma sapeva anche incoraggiare. A uno che si sentiva in colpa perché aveva sputato in chiesa disse: «Ma noi preti ci sputiamo tutti i giorni. Anzi, per spegnere la fornace del peccato, sputate tutti insieme».

Migliaia di persone sputarono, felici. Sosteneva che i religiosi non dovrebbero gestire soldi e che il denaro non è di nessuno, perché è prestato da Dio. Fu processato dalla Santa Inquisizione, noto tribunale religioso che non scherzava per niente. Lo accusavano di eresia. «Quindi tu dici che tutte le parti sbagliano? La parte giusta non c’è?» gli chiesero leccandosi i baffi, convinti di aver in pugno quel pover’uomo sbilenco. Ma quando cominciò a parlare scattò in lui la molla, si raddrizzò, gli occhi cominciarono ad ardere e frastornò i giudici al punto che lo lasciarono andare con i complimenti. Quando fu lontano ci ripensarono: «Ma perché lo abbiamo rilasciato?» e così ci furono altri due processi, ma sempre con lo stesso esito. Era capace di discorsi ipnotici. Questo, a differenza dei precedenti e anche dei successivi, lo riporto testuale, così come fu trascritto da Benedetto di maestro Bartolomeo. A proposito dell’autorità, si espresse con un vertiginoso gioco di parole: «Primo veleno è tirannia… Elli so talvolta di questi uffiziali, di quelli che si chiamano tiranni: di quelli che so’ tira-mesi: tali so’ tira-settimana: tali so’ tira-giorni: tali so’ tira-mattina: tali so’ tira-sera: anco so’ de’ tira-merenda… Ma che diremo del tira-a-ore? Potiamo dire che sempre tira e fura e sbudella chi gli viene alle mani». Predicava l’arte del lasciar perdere. Raccontava la storia del monaco e del monachello che andavano in giro per il mondo con un asino a chiedere l’elemosina. Passarono da un paesino e la gente disse: «Guarda il vecchiaccio profittatore. Lui sta sull’asino e il bambino cammina». Turbati, al paese successivo si scambiarono i ruoli. Al che la gente: «Che schifo. Il giovane sull’asino e il povero vecchio che si trascina». Quando montarono tutti e due sull’asino il commento fu: «Povera bestia». Infine il monaco disse: «Senti, stavolta facciamo la cosa giusta. Nessuno di noi salirà su quel benedetto asino». E la gente: «Ma hai visto i due poveri scemi? Hanno un asino e non lo usano».

Una storia simile è diffusa in alcuni paesi africani: Bernardino arrivò fin là? Pare di no. Quando predicava, mostrava delle tavolette in cui era inciso il trigramma IHS, o Cristogramma, un simbolo che aveva inventato lui. La gente baciava queste tavolette. Il Cristogramma ebbe successo e fu adottato da Giovanna d’Arco. Oggi è ovunque: anche in Piazza del Campo a Siena, sulla facciata del Palazzo Comunale, dove predicava lui.

 

https://corrierefiorentino.corriere.it/