Il pensiero unico? La giunta lo impone, la città lo subisce

di Pierluigi Piccini

 

Dopo il Consiglio Comunale del 30 giugno, tutto è più chiaro. Avevamo avuto dei sentori già nel gennaio del 2020 al Santa Maria della Scala con Diego Fusaro e Antonio Socci, presentati per l’occasione da Marco Paglialunga L’iniziativa si fermava al piano “culturale”, avendo come riferimento i libri dei protagonisti, se ricordo bene, ma il concetto chiave, annunciato, era: la rottura del pensiero unico che ha dominato la città per anni e anni. La presunta “rottura” sarebbe dovuta alla vittoria del centrodestra nelle elezioni amministrative del 2018, anche se c’è da dire che, di quel pensiero unico, alcuni dei presenti all’iniziativa della “libertà” ne hanno usufruito abbondantemente per anni e anni. In ogni caso, al di là della forzatura, il “pensiero unico” è diventato il mantra che ci accompagna costantemente ad ogni piè sospinto. Fino all’ultimo Consiglio, perché con questo ultimo il pensiero affidato a qualche libro è diventato, o vorrebbe diventare, prassi di governo. Mi riferisco al documento presentato dall’assessore Appolloni per motivare la costituzione, ancora in nuce, dell’Agenzia comunale del welfare. Un documento di intenti che contiene, se ponderato a dovere, la visione tutta ideologica che l’attuale amministrazione ha della società senese. Una volontà totalizzante, che vorrebbe occupare tutti gli spazi sociali sovrapponendosi a ciò che già esiste. Le spiegazioni che l’assessore ha dato sono poi emblematiche: “Abbiamo vinto noi e noi offriamo il menù”. In questo modo si associano le visioni di una parte con la vittoria politica del 2018 che la legittimerebbe a essere l’unica e per tutti i senesi, anche chi non li ha votati. Questo è il pensiero unico! Come siamo lontani da una visione laica e articolata delle istituzioni! Fra l’altro le proposte esprimono valori semplificati rispetto ad una società senese in rapida trasformazione, con cambiamenti profondi accelerati anche dal periodo di isolamento dovuto alla pandemia. Trasformazioni che sono oggetto di discussione con esperti in alcune commissioni consiliari, ma sconosciuti ai redattori del documento sul welfare. Si vuole costringere la complessità sociale dentro uno schema di valori estremamente semplificato. A mio parere questa volontà di ridurre le diversità e il disagio sociale potrebbe diventare alla prova dei fatti non efficace, impedendo interventi rapidi e fruttuosi. È facile immaginare i conflitti, sul piano operativo, che si potrebbero creare fra gli operatori dei vari settori, e la visione tutta ideologica dell’assessore competente. 

Poi oggi, leggendo Politico, tutto mi è diventato più chiaro. Lascio indovinare a voi lettori i portatori del seguente messaggio, che chiudono il cerchio dell’iniziativa del gennaio 2020 presentata da Paglialunga. “Le nazioni europee dovrebbero essere basate sulla tradizione”, sulla famiglia “unità fondamentale delle nostre nazioni” come “risposta all’immigrazione di massa”. Personalmente, ho un’altra visione: il nucleo di base è l’individuo di qualsiasi provenienza e classe sociale che deve avere tutti i supporti per diventare persona ed essere libero di scegliere. Peccato che le famiglie e gli individui siano diventati, in buona misura, merce o consumatori alienati. Prodotti di quella tradizione che i presentatori del documento vorrebbero di nuovo imporre.