I verbali del lobbista Centofanti “Per 4 anni bancomat di Palamara”

Cene con magistrati e politici sempre a carico dell’imprenditore “Era un investimento” I rapporti con Amara e il complotto contro il pm Ielo
di Giuliano Foschini e Fabio Tonacci
Un pezzo della politica giudiziaria italiana è stata decisa a tavola in due ristoranti di Roma. Dove i magistrati e i capicorrente discutevano e decidevano i vertici di alcuni degli uffici giudiziari più importanti d’Italia. Ma, al momento del conto, fischiettavano. Nessuno degli attovagliati pagava. Perché alla cassa passava sempre un imprenditore, Fabrizio Centofanti, che ha deciso, ora, di collaborare con gli inquirenti di Perugia nell’inchiesta che lo vede indagato insieme con Luca Palamara. Centofanti ha ammesso di aver corrotto l’ex consigliere del Csm. E di essere stato un ingranaggio cruciale di un sistema impazzito.
«Dal 2014 in poi – dichiara nei primi giorni di giugno ai procuratore di Perugia, Raffaele Cantone e ai sostituti Mario Formisano e Gemma Miliani – ho partecipato a cene finalizzate alla promozione delle nomine. Si trattava di cene di politica giudiziaria ». A organizzarle era sempre Palamara. A pagare, Centofanti. «Si tenevano a Roma, all’Hotel Majestic o nei ristoranti San Lorenzo e Tullio. Gli osti sapevano che ogni qual volta si presentava Palamara il conto doveva essere a mio carico. Io ero sostanzialmente uno sponsor dell’attività politico correntizia di Palamara (…) Il lavoro del lobbista è molto apparenza e credibilità. Essere visto a cena con magistrati importanti poteva contribuire a far crescere il mio ruolo e la mia attività». L’investimento che Centofanti ha fatto sul capitolo “magistrati” non era proprio minimo: ha sborsato circa 32 mila euro in cene, “7-8mila euro annui a partire dal 2014 sino a febbraio 2018”.
Centofanti fa ai pm degli esempi specifici. Parla per esempio dell’incarico di presidente del Tribunale di Roma affidato a Francesco Monastero. «Ero all’Hotel Majestic, il 15 febbraio 2015, quando fu decisa. Mi è costata 850 euro. C’erano Palamara, Monastero e il dottor La Malfa (ndr, Antonino, già presidente della sezione Fallimentare). Alla cena era presente anche la presidente Casellati (ndr, all’epoca compente del Csm) e il dottor Forteleoni (ndr, Luca, anche lui al Csm). E mi sembra che al termine sopraggiunse Cosimo Ferri». La circostanza è stata negata da Monastero, che non ricorda di aver mai conosciuto Centofanti. Escludendo dunque di averlo ringraziato per la cena, come invece sostiene l’imprenditore. «Ero stato invitato dal dottor Lamalfa, non ho chiesto chi pagava», ha detto Monastero. Le indagini dei finanzieri del Gico di Roma hanno però appurato che il telefonino di Centofanti quella sera aggancia proprio una cella in prossimità dell’Hotel Majestic.
Il lobbista racconta altri due episodi: di aver pagato un pranzo per la nomina di Capristo a procuratore di Taranto cui parteciparano il poliziotto Paradiso (oggi in carcere, arrestato a Potenza), ancora Casellati e l’ex membro del Csm Forciniti. E di aver organizzato «delle cene anche nell’interesse del dottor De Ficchy (l’ex procuratore di Perugia, il primo a indagare sul Sistema Palamara) che voleva fare il procuratore aggiunto a Roma».
C’è di più e dell’altro. Centofanti sostiene di essere stato avvisato dall’avvocato Piero Amara del suo arresto imminente, avvenuto nel febbraio 2018. «Mi fece vedere delle informative della Finanza: mi disse che per averle aveva pagato 30mila euro un uomo dei servizi segreti». E di aver proseguito la frequentazione con Palamara dopo essere uscito dal carcere. «Ci vedemmo – dichiarata Centofanti – a fine aprile o ai primi di maggio 2019. Luca mi fece presente che Fava (ndr, Stefano, a quei tempi pm della procura di Roma che ora rischia il processo a Perugia), che mi aveva arrestato, voleva fare la guerra a Ielo (ndr, Paolo, procuratore aggiunto di Roma) e stava preparando “una bomba atomica”. Mi chiese di reperire dall’Eni delle notizie sugli incarichi dati al fratello di Ielo. Fece riferimento anche indirettamente ad Amara». Centofanti racconta di non aver chiesto nulla ad Amara. «Palamara – ha raccontato l’imprenditore ai magistrati di Perugia – mi disse che Fava si era messo in mente di colpire Pignatone e io era una delle due strade per raggiungere il suo scopo ». Centofanti aveva conosicuto Pignatone in alcuni convegni. Ed erano in buoni rapporti. Rapporti che si interruppero , però, quando Centofanti fu indagato la prima volta in un procedimento dal quale però fu prosciolto. «Era nato un rapporto di stima. È stato spesso ospite a casa mia. Solo una volta abbiamo mangiato in un ristorante e in tale occasione ha pagato lui». Così non fanno tutti.
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