I timori di Letta, in corsa a Siena “Il governo fermi lo spezzatino”

Il segretario del Pd, candidato in Toscana, finisce nel mirino: “Vogliamo garanzie sul lavoro” Possibili problemi con Renzi e col renziano Padoan che ora è al timone in piazza Gae Aulenti
Carlo Bertini
Roma
Massima allerta. Enrico Letta sospende il giudizio, anzi lancia un allarme. Al telefono con Roma detta la linea, dopo una serie di contatti incrociati al telefono da Santander in Spagna, dove si trova per un seminario sull’Europa. «Priorità il lavoro, no spezzatino e tutela del marchio. Fissate questi punti», dice ai suoi riuniti al Nazareno. Quel che dirà agli elettori senesi di qui a fine settembre, lo ha già appuntato: «Chiediamo garanzie al governo, per la salvaguardia del marchio e dell’unità del gruppo». La speranza non detta è di poter giocare un ruolo nella partita e di poterselo rivendere in campagna elettorale a suo favore.
Gli alleati M5S sparano contro
Dunque l’operazione finisce sotto la lente del Pd, ma non solo, perché «la cessione a Unicredit minaccia la concorrenza», sparano a zero i 5stelle. Che di Letta sono alleati e suoi sostenitori nella sfida del collegio senese. Lui, il leader Pd, è preoccupato – per usare un eufemismo – e si prepara a battere i pugni sui tavoli del governo. Che sarebbe esploso a breve il caso Mps si sapeva, ora tutti gli elementi si sapranno in piena campagna elettorale e Letta vuole tenersi le mani libere. «Qui non si sa ancora niente – ragionano con lui gli economisti dem – e bisogna vedere bene tutto: non ci sono i numeri sugli esuberi, non si capisce quale sarebbe il perimetro, quale sarà la sede centrale e che fine farebbe il marchio Mps…».
I dem toscani, in testa l’ex capogruppo Andrea Marcucci, sono allarmati e chiedono al ministro Daniele Franco di riferire in Parlamento. La preoccupazione è grande, «lo sarebbe stata anche se non si fosse candidato qui», provano a dire i collaboratori del segretario. Ma sta di fatto che Letta nelle prossime otto settimane sarà di casa tra le crete senesi. Per agguantare un seggio alla Camera, cui ha legato il suo destino politico, annunciando che se dovesse uscire sconfitto lascerà la politica. Un bell’impegno. In un seggio complicato, lasciato vacante da quel Piercarlo Padoan, «eletto prima da forestiero – ricordano i toscani – e poi scappato a comandare l’istituto nemico, che vuole piantare gli artigli su Mps».
Padoan figlio dell’era Renzi
Un cortocircuito non da poco, che aveva impensierito Letta fin dall’inizio su una sua candidatura proprio in quel collegio. «Padoan è espressione di un’altra stagione del Pd, quella del renzismo, Enrico è una cosa diversa», reagiscono i piddini di fede lettiana. Ma il clima infuocato non promette nulla di buono: non bastava l’ostilità repressa di Matteo Renzi che ancora in terra di Siena conta qualcosa. Ora anche il muro Mps che si gretola.
La campagna parte in salita
Letta sa che il bersaglio sarà lui, i leghisti già gli sparano addosso. Per questo fin dalla mattina triangola con l’ex viceministro Antonio Misiani, di casa al Mef fino a sei mesi fa, e con la segretaria del partito toscano Simona Bonafè. Con Misiani, ragiona sul fatto che la priorità è l’occupazione, visto che già si parla di 5-6 mila esuberi. E con la Bonafé, ragiona sui possibili sviluppi locali della questione, sulle tensioni che nasceranno inevitabilmente contro i dem. Di qui prende forma una nota durissima del partito nazionale e toscano. «Il governo, azionista di maggioranza di Mps, discuta in Parlamento le ragioni dell’operazione, le prospettive della banca e avvii immediatamente un confronto con le organizzazioni sindacali e le istituzioni territoriali». Dopo il primo altolà, il secondo cartello di avviso ai naviganti: «Per il Pd, elementi determinanti per una valutazione di merito saranno le potenzialità di risanamento e rilancio delle attività della banca; la garanzia della massima tutela dei diritti dei lavoratori; la salvaguardia del patrimonio di storia e radicamento territoriale rappresentato da Mps e dal suo marchio, evitando soluzioni di smembramento del gruppo; la prosecuzione della presenza diretta dello Stato nella fase di riorganizzazione della banca per accompagnare e favorire il processo». La battaglia per strappare Mps dalle mani dello Stato è appena cominciata, la campagna elettorale di Enrico Letta a Siena pure. —
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