Effetto spread, Bankitalia taglia il Pil allo 0,9%

 

Il rallentamento della Germania, che si ferma all’1,5%. In Cina il peggior dato sui consumi dal 2003

Mario Sensini

 

ROMA Il rialzo dei tassi di interesse comincia a farsi sentire concretamente sull’attività economica. La crescita di quest’anno, sottolinea la Banca d’Italia, rallenta, mentre le prospettive si fanno più scure. Le incertezze restano alte, e i rischi di un ulteriore peggioramento della situazione, avverte via Nazionale, sono «assai elevati».

Sul piano internazionale le incognite sono legate alla politica commerciale degli Usa, anche se Donald Trump ieri è parso ottimista sulla possibilità di un accordo ampio con la Cina, dove l’economia è in rallentamento. Sull’andamento dell’economia italiana pesa però, in modo decisivo, «l’incertezza connessa alla politica di bilancio e alle possibili ripercussioni sui mercati finanziari e sulla fiducia di famiglie e imprese» avverte la Banca d’Italia.

«Ulteriori aumenti dei tassi di interesse sui titoli pubblici, una più rapida trasmissione alle condizioni di finanziamento del settore privato», cioè un rialzo marcato dei tassi bancari, o un conseguente «più marcato deterioramento della propensione all’investimento delle imprese — prosegue l’istituto — metterebbero a rischio la prosecuzione della crescita». Al contrario, se lo spread, cioè il differenziale dei tassi tra i titoli italiani e quelli tedeschi, i più solidi, tornasse verso i livelli medi della primavera scorsa, la crescita potrebbe trovare nuovi spunti. Il differenziale si è un po’ ridotto negli ultimi giorni (ieri ha chiuso a 270 punti), ma resta sempre elevato. Ad aprile era a 113 punti base, ma nel giro di un mese è raddoppiato, stabilizzandosi oltre quota 260.

Allo stato attuale le previsioni devono comunque essere corrette al ribasso. Per quest’anno il tasso di crescita stimato scende dall’1,2 allo 0,9%, ben tre decimali in meno, che potrebbero rendere più difficile la riduzione del rapporto tra deficit, debito e prodotto interno lordo. Per il 2019 e il 2020 per ora sono confermate le indicazioni di un incremento del Pil rispettivamente dell’1 e dell’1,1%. La flessione dell’attività economica si registra anche sul fronte dell’inflazione, che per il 2019 viene stimata all’1,3%, come quest’anno, e non più all’1,5%.

Il rallentamento, indotto anche dalla domanda estera inferiore alle attese, coinvolge anche la Germania. La banca centrale, come la nostra, ieri ha corretto pesantemente il tiro sulle prospettive: nel 2018 la Germania crescerà dell’1,5% (contro il 2% stimato sei mesi fa), e dell’1,6% nei due anni successivi (invece dell’1,9%), ma ancora più pessimista è l’Ifo che stima la crescita 2019 all’1,1%. Dati negativi arrivano anche dalla Cina, con la crescita di produzione industriale e vendite al dettaglio in rallentamento. Per il commercio è il dato peggiore dal 2003.

 

Fonte: Corriere della Sera, https://www.corriere.it/