Taccuino
Chi dice cinquanta, chi dice anche di più. Sono i collegi del Centro-Sud in cui si concentrerà la sfida tra centrodestra e 5 stelle, determinante per i risultato finale del 4 marzo, e in cui, malgrado gli ultimi sviluppi del caso rimborsi mancati, il Movimento guidato da Di Maio non parte affatto in svantaggio. Messo infatti in conto un handicap più forte per il centrosinistra, che presentandosi ovunque diviso e con i candidati di Liberi e Uguali in competizione diretta con quelli del Pd, il centrodestra, per vincere, dovrà trovare il modo di compensare al Sud l’apporto della Lega, che al Nord vale fino al 20 – 25 per cento dei voti, con quello, necessariamente più basso, della quarta gamba di “Noi per l’Italia. Sono numeri che ovviamente le liste di Fitto e compagni neppure si sognano, consapevoli che nella maggior parte dei collegi dovranno fare i conti con i 5 stelle e preoccupati dell’accoglienza che il tour di Di Maio al Sud sta avendo in questi giorni nevralgici. I candidati della quarta gamba, al momento, sono accreditati di lottare per superare la soglia di sbarramento del 3 per cento, e di farlo, grazie a un poco più dell’1 per cento da ottenere al Nord, grazie anche alle liste presentate per le regionali, e a un 2 – 3 nelle regioni meridionali, ricavato da una media dei loro insediamenti più forti (vedi Puglia) con quelli più deboli. Se, come sembra, lo scandalo dei bonifici praticati e subito revocati non dovesse incidere più di tanto sull’elettorato grillino, il rischio è che alla fine i 5 stelle possano prevalere in molti collegi grazie al fatto che accanto alla coalizione di centrodestra, ma separatamente, si presentano i candidati di estrema destra di Forza Nuova, e se dovessero riuscire a drenare anche solo un punto o quasi tra gli elettori, la vittoria, seppure di un soffio di M5s sarebbe garantita. Si realizzerebbe così il paradosso di una legge elettorale come il Rosatellum, pensata per penalizzare il Movimento in base al fatto che nei collegi sarebbe stata la sola delle forze in campo a non poter contare su coalizioni e su alleati con cui sommare i voti, e risoltasi alla fine, grazie alle divisioni affiorate nei due schieramenti principali (LeU, ma anche Potere al popolo a sinistra, e Forza Nuova a destra), in un acceleratore di consensi per i 5 stelle che, pur senza alleanze, non hanno competitor all’interno del proprio campo.