E Pechino ora accusa gli Stati Uniti «Avete creato e diffuso il panico»

SFIDA GEOPOLITICA

 

Il governo presta grande attenzione a Wenzhou, che ha legami con l’Italia. «Evitare che diventi come Wuhan»

Guido Santevecchi

Cambia routine, per il virus, anche il Ministero degli Esteri di Pechino: ora gli incontri quotidiani con i corrispondenti della stampa straniera si svolgono solo su WeChat. E nell’informativa online, la portavoce diplomatica Hua Chunying ha preso di mira gli Stati Uniti. «Gli americani hanno creato panico e lo hanno diffuso senza sosta», ha scritto Hua. E ancora: «Dagli Stati Uniti non è arrivato alcun aiuto sostanziale». «In questa circostanza i Paesi dovrebbero lavorare insieme, non sfruttare le difficoltà altrui».

Il virus della geopolitica è in piena diffusione. Mike Pompeo sostiene che Washington in realtà coopera, mandando aerei a Wuhan per recuperare americani e altri stranieri bloccati nel ground zero dell’epidemia. Pechino risponde che gli americani sono stati i primi a chiudere il loro consolato a Wuhan e andarsene, accrescendo il senso di panico internazionale. E gli Usa sono stati anche i primi a vietare l’ingresso a qualunque cittadino cinese, per motivi sanitari.

La Grande Muraglia sanitaria umilia Pechino, che la percepisce anche come un modo di saldare qualche conto in sospeso. La stampa cinese si è sdegnata per l’osservazione di Wilbur Ross, segretario al Commercio Usa: «Il virus è un motivo di riflessione in più per il mondo del business, può essere un’opportunità di riportare posti di lavoro in America». Ma la nuova Muraglia anti-virus è stata alzata subito anche da un Paese alleato come la Russia, che ha chiuso i varchi terrestri lungo i 4.300 chilometri di frontiera.

E ha sigillato il confine la Nord Corea, nonostante la Cina sia il grande padrino che salva da 70 anni il regime dei Kim dal collasso economico. È vero che Pyongyang è completamente impreparata a gestire una crisi come il coronavirus, ma Kim Jong-un avrebbe potuto rinunciare a qualche costoso test missilistico e dirottare i pochi fondi nella sanità (forse i cinesi glielo faranno notare, in seguito).

Si isola dai viaggiatori cinesi anche Singapore, che ha radici mandarine nel suo sangue e nella sua imprenditorialità. Restrizioni in Giappone e Sud Corea.

Hong Kong, che è Cina, continua a ribollire nel suo clima di rancori dopo otto mesi di rivolta. Sciopera il personale ospedaliero che chiede di tenere fuori dall’isola i cinesi continentali malati, per non sommergere il sistema sanitario della City. La governatrice Carrie Lam condanna la protesta, ma ha chiuso 10 dei 14 passaggi tra Hong Kong e la madrepatria.

C’è un capitolo italiano. Era appena stato inaugurato l’Anno di Turismo e Cultura Italia Cina. Si puntava a superare quota 3 milioni di visitatori cinesi, ora l’obiettivo è di rimandare a casa le migliaia di persone bloccate per lo stop ai voli diretti con Fiumicino e Malpensa. Si lavorava anche alla visita del presidente Mattarella a novembre. Ora, il capo dello Stato scrive a Xi Jinping ringraziandolo per l’aiuto nel rimpatrio da Wuhan e offrendo solidarietà e aiuti. La Camera di Commercio italiana in Cina interviene con un documento critico sull’emergenza decretata dal governo Conte: «Potrebbe portare a un’evoluzione negativa dei rapporti bilaterali e avere un impatto sulla vita professionale e personale degli italiani in Cina, una volta che la situazione tornerà alla normalità».

Bisogna stare attenti, in prospettiva, alla città di Wenzhou, nello Zhejiang. Le autorità si battono per evitare che «diventi la seconda Wuhan» per diffusione del contagio. La gente dello Zhejiang ha grandi rapporti con l’Italia e a Wenzhou potrebbero esserci degli italiani, di cui forse non sappiamo.Prima o poi il virus sarà debellato, e Pechino farà i conti con i vecchi amici che si sono troppo spaventati e con gli avversari che si sono troppo agitati.

 

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