DUELLO DURO SUL FUTURO DELL’UNIONE.

 

SOVRANISTI CONTRO EUROPEISTI
Botta e risposta. Il Presidente francese non ha perso tempo ad eliminare ogni dubbio sui due campi fra cui si gioca il duello per il futuro dell’Europa. Il Convento delle Carmelitane Scalze, ritrovo d’obbligo dei duellanti, non è fra gli anodini palazzi della Bruxelles comunitaria. Sarà nelle piazze, nei media e nei «social» per conquistare opinioni pubbliche divise e, soprattutto, chi andrà al voto alle elezioni europee del maggio 2019. Che saranno solo la prima battaglia di una lunga guerra. artedì Matteo Salvini e Viktor Orban avevano individuato nel leader francese il capofila di chi si oppone alla «Europa diversa» che essi vogliono. Non a caso, perché anch’egli si è imposto rompendo gli schemi tradizionali. Merkel o Juncker appartengono alla vecchia scuola. Sono comunque all’ultimo atto. Macron è la bestia nera dei sovranisti perché, come loro, è un insorto. La differenza è che ha guidato un’insurrezione dal centro e proEuropa. E’ più temibile perché ha dimostrato in Francia che si può vincere il confronto con i populismi senza concessioni alla loro agenda, come avviene invece in Germania, in Austria, in Olanda. Emmanuel Macron avrebbe potuto cercar di ridimensionare il vice premier italiano e il leader ungherese, sminuirne la rappresentatività, rifugiarsi nel consenso istituzionale e nella falsa sicurezza comunitaria dei Trattati. Avrebbe potuto ammantarsi di «grandeur» e snobbarli. Non ha invece cercato sottigliezze diplomatiche; ha risposto: «volentieri». Spavalderia cavalleresca? Vagheggiamento napoleonico? Talvolta l’inquilino dell’Eliseo non sembra scevro da tentazioni di sopravvalutare il proprio ruolo e peso, ma in questo caso la sua presa di posizione è razionale e lucida, come lo era l’attacco di Salvini e Orban. Macron sa benissimo che i due avversari cavalcano una frattura tettonica che divide l’Europa e trova ampie sponde esterne, dalla Russia di Putin alla Turchia di Erdogan. Conosce la forza dei loro alleati del Fronte Nazionale in Francia. Non prende la sfida sottogamba e mette le carte in tavola. In un’ottica di ortodossia comunitaria, il presidente francese dà forse a Matteo Salvini e Viktor Orban una legittimazione che non meritano. Si può infatti discutere quanto il leader della Lega abbia titolo per parlare a nome dell’Italia (di fatto lo fa e i sondaggi gli danno ragione). Ma Macron, vincitore inaspettato di una contesa presidenziale in cui partiva da outsider, riconosce una sfida quando la vede. Ed è quella fra due visioni dell’Europa: quella che punta a un rafforzamento dell’integrazione, quanto meno fra chi la vuole; quella del rimpatrio nazionale di molte, se non tutte, le porzioni di sovranità condivise Quest’ultima è il vero collante che unisce Salvini e Orban. L’immigrazione certo è la bandiera da sventolare insieme, ma senza entrare troppo in dettagli visto che gli interessi d’Italia e Ungheria obiettivamente divergono. Ma l’intesa che conta e unisce è quella sulla subordinazione dell’Ue alle prerogative nazionali. Salvini e Orban vogliono tarpare le ali all’Ue; Macron la vuole far decollare anche se non necessariamente sullo stantio ritornello del «più Europa». Questa la posta in gioco del duello che divide i cittadini all’interno delle nazioni europee. Il duello spacca l’Europa da dentro, mentre fuori i padrini degli uni e degli altri non mancano, specie oltre oceano (Atlantico).
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