«Draghi abbia tutto il tempo Nessuno può rimettere la stabilità in discussione»

di Paola Di Caro

L’ex premier: ho chiamato io Mattarella chiedendogli la disponibilità al bis

È tornato sulla scena. Per rivendicare la centralità di Forza Italia e favorire l’aggregazione delle forze moderate, senza le quali «non si vince». Per assicurare che il centrodestra da lui fondato non è morto. Per essere punto di equilibrio di una coalizione da ricostruire, ma non da affondare. Per garantire «la stabilità» del governo. Per annunciare forse qualche ingresso di figure esterne alla politica nella tolda di comando di FI. E per rivendicare la scelta di Mattarella, le cui parole di ieri «stanno a indicare che abbiamo fatto la scelta giusta». Silvio Berlusconi torna a parlare dopo settimane di riflessione, rinunce, scelte e malattia. E lo fa a tutto campo.

Presidente: si è detto che il suo ultimo ricovero sia stato per lei una prova «durissima»: adesso come sta?

«Ora sto bene, La ringrazio. Sinceramente ho passato prove più dure. In questo caso si è trattato di un malessere fastidioso che i miei medici hanno ritenuto più prudente fosse trattato in ospedale. Tuttavia non mi ha mai impedito di seguire attivamente giorno per giorno questa difficile — e non bella — fase politica».

Ma lei ha deciso di non candidarsi perché non c’era certezza dei voti, per i veti degli avversari, perché poteva trattarsi di un impegno troppo gravoso o per quale motivo? E la delusione e l’amarezza sono superate o lasciano un segno?

«Non ho nessun motivo di amarezza o di delusione semplicemente perché sono stato io a decidere, dopo un’approfondita riflessione, di non accogliere la proposta che mi era stata avanzata da tante parti, dalle forze politiche del centrodestra, da singoli parlamentari anche di altre aree politiche, da moltissimi cittadini, di essere indicato come candidato alla Presidenza della Repubblica».

Appunto, perché allora?

«Ho rinunciato semplicemente perché da due anni sto lavorando per l’unità politica e morale della Nazione in un momento di emergenza. Ho ritenuto fosse più utile all’Italia evitare che sul mio nome si consumassero polemiche o lacerazioni inopportune».

Lei ha sempre sostenuto che al Quirinale dovesse salire un politico, dicendo no a una possibile candidatura di Draghi: c’è chi ci ha visto anche una mancata sintonia personale. È così?

«Tutt’altro che mancanza di sintonia, anzi è stato proprio il mio apprezzamento per il lavoro che il presidente Draghi sta svolgendo a Palazzo Chigi che mi ha indotto a ricercare soluzioni all’insegna della stabilità, che consentissero al governo di continuare ad operare serenamente».

La scelta

Nessuna delusione

per il ritiro della candidatura perché sono stato io a decidere

Ho evitato lacerazioni

sul mio nome

Ma vista l’impossibilità di eleggere un candidato di centrodestra anche dopo il risultato della Casellati, è vero che lei avrebbe voluto Pier Ferdinando Casini al Colle?

«L’indicazione del senatore Casini, che mi è stata avanzata da Enrico Letta nell’ambito di una rosa di nomi, non trovava sufficiente consenso fra le forze politiche. Quindi, ritenendo necessario garantire la stabilità del governo e del Paese, ho chiamato il presidente Mattarella chiedendogli la disponibilità ad essere votato».

E la sua decisione di sganciare FI da Lega e FdI sull’elezione del capo dello Stato e convergere su Mattarella è stata probabilmente decisiva per il bis: quando e perché l’ha presa?

«Per la verità, è del tutto normale che Forza Italia compia le sue scelte in piena libertà e autonomia: la coalizione di centrodestra non è un partito unico. I dirigenti di Forza Italia a Roma, in pieno accordo con me, hanno condotto con saggezza e prudenza una partita difficile, che si è conclusa molto bene, nell’interesse degli italiani».

Le è piaciuto quindi il discorso del capo dello Stato?

«Le parole del presidente Mattarella alle Camere, sulla giustizia, sulla politica internazionale, sulla centralità del Parlamento, sulla difesa dei più deboli, sulla dignità delle persone stanno a dimostrare che abbiamo fatto la scelta giusta».

Però il centrodestra è uscito diviso in modo drammatico dal voto. In che rapporto è oggi lei personalmente con Meloni e con Salvini?

«I rapporti personali fra i leader del centrodestra non sono mai stati in discussione, anche nei momenti di dissenso».

Casini

L’indicazione di Casini, che mi è stata avanzata da Enrico Letta in una rosa di nomi, non aveva sufficiente consenso

tra le forze politiche

E quelli politici? Lei ha detto che FI dovrà essere forza trainante di un centrodestra che dovrà presentarsi alle elezioni «profondamente rinnovato»: significa insomma che non c’è alternativa all’alleanza con Lega e FdI ma che il prossimo centrodestra dovrà essere guidato da un esponente espressione dell’area che lei rappresenta?

«L’alleanza di centro-destra esiste perché io l’ho resa possibile dal 1994. Non cambio certo idea oggi. Ma non cambio neanche idea sul ruolo di Forza Italia che è quello della sola grande forza di centro liberale, cristiano, garantista, europeista. Un centro senza il quale non si vince e che deve avere un ruolo trainante».

Ma è favorevole a una federazione con i partiti centristi della sua coalizione — Coraggio Italia, Noi per l’Italia, Udc — magari per essere forza attrattiva anche di altre formazioni centriste oggi del campo avversario, come Italia Viva?

«Sono favorevole a tutto ciò che può riunire i moderati, nel solco del Partito Popolare Europeo, di cui siamo orgogliosamente espressione in Italia. La storia di Renzi è diversa, un giorno forse deciderà dove vuole approdare».

Crede che la legge elettorale possa essere rivista in senso proporzionale o il maggioritario è l’unico sistema possibile per il Paese?

«È una discussione astratta: in realtà mi pare difficile immaginare in questo Parlamento un percorso di modifica della legge elettorale. Nell’ultimo anno di legislatura il Paese ha ben altre priorità».

Immagina in futuro un rapporto più stretto con partiti moderati del centrosinistra, magari lo stesso Pd, con formule come la «maggioranza Ursula» o il passaggio del governo Draghi deve restare un unicum?

«Quando l’emergenza sarà superata, si dovrà tornare ad alleanze fra forze politiche omogenee. Così funziona una sana democrazia dell’alternanza, magari con rapporti più sereni e rispettosi fra le forze politiche. Ma quel momento non è ancora arrivato e Draghi deve avere tutto il tempo necessario per completare il suo lavoro».

Compagni di viaggio

La storia di Renzi

è diversa dalla nostra,

un giorno forse deciderà dove approdare

La legge elettorale?

Il Paese ha altre priorità

Però la Lega appare molto in difficoltà: teme per la tenuta del governo? E come dovrebbe cambiare il rapporto tra il governo e i partiti per renderlo più stabile?

«Non sta a me dare giudizi sulla condizione di partiti amici e alleati. Ma la conferma di Mattarella è — lo ripeto — un passo importante sulla strada della stabilità. Non credo che nessuno possa né voglia rimetterla in discussione».

Lei continuerà a guidare in prima persona FI o pensa che ci possano essere nuove figure o una nuova struttura che la affianchino ai vertici?

«Naturalmente dobbiamo sempre rinnovarci e allargarci, ma Forza Italia ha già una struttura dirigente che sotto la mia guida ha svolto un ottimo lavoro, anche in questa fase difficilissima. Se a questa struttura potrà aggiungersi qualche prestigiosa personalità proveniente dal mondo delle imprese e delle professioni saremo felici di profittarne. Io continuerò a fare la mia parte come sempre, per il mio Paese, per i nostri valori, per i nostri grandi ideali di Libertà».

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