Domani a Bruxelles la trattativa fra il premier Conte e Juncker Tensioni a Palazzo Chigi fra i due leader Salvini e Di Maio
tommaso ciriaco carmelo lopapa,
Roma
Faccia a faccia con il premier, Giovanni Tria indica l’unica strada percorribile per evitare una devastante procedura d’infrazione: « Dobbiamo scendere fino al 2% — sostiene nel chiuso di Palazzo Chigi — Solo così potremo mettere in difficoltà l’Europa e rendere difficile la bocciatura della manovra. Altrimenti… » . Altrimenti resterà incolmabile la distanza tra l’ 1,8% reclamato dalla Commissione — che in realtà è disposta a concedere fino all’ 1,95% — e il 2,1% che il premier cercherà di portare domani a Bruxelles al tavolo della trattativa con Jean-Claude Juncker. Per avvicinare l’obiettivo di un accordo occorrerebbe limitare la riforma delle pensioni al solo 2019, come chiede l’Unione. Ma a sera questo scenario viene brutalmente stroncato dalla Lega: « Non se ne parla, non esiste. La riforma sarà finanziata per un triennio, senza alcun rinvio ». Sembra il gioco dell’oca. Conte, ad esempio, a metà giornata appare possibilista: « Sulle pensioni c’è in corso un’interlocuzione con Bruxelles. La legge Fornero non è un totem. Stiamo analizzando le simulazioni dei tecnici per valutare l’impatto economico di quota 100». Allude alle attesissime tabelle del ministero dell’Economia e della Ragioneria dello Stato approdate ieri nella sede dell’esecutivo. Tra le pieghe di quei numeri, c’è scritto tra l’altro che la legge Fornero non costerà quanto previsto, perché “statisticamente” non tutti gli aventi diritto sceglieranno la strada della pensione. Il risparmio si aggirerebbe attorno agli ottocento milioni di euro. E una cifra analoga si potrebbe rastrellare da una limatura tecnica del reddito di cittadinanza. Altri ottocento milioni, infine, potrebbero arrivare da una serie di risparmi ricavati nella manovra. Il taglio complessivo dato già per certo è di 2,5 miliardi, più o meno lo 0,15% del deficit. Sforzandosi molto, il governo promette di racimolare un ulteriore miliardo e settecento milioni, per arrivare allo 0,26% (che arrotondato fa 0,3%). E, dunque, di far calare il deficit al 2,1%. Il nodo, però, resta: senza intervenire ulteriormente sulla Fornero e sul reddito, la procedura appare comunque inevitabile. « Il governo italiano — avverte il commissario Ue agli Affari economici Pierre Moscovici — sembra più aperto a trovare strade per ridurre il deficit 2019. Ma se vogliono cambiare la nostra analisi, devono trovare cifre e impegni concreti » . E qui si innesca lo scontro politico. Per un giorno intero gira voce di un drammatico vertice a tre tra Conte, Salvini e Di Maio. Da Palazzo Chigi non confermano, ma poco importa: il clima è pessimo. I due vicepremier litigano su tutto. Sulla Tav, ma anche sul recente incontro tra Salvini e gli imprenditori. E così, quando i cronisti chiedono a Di Maio se non si senta scavalcato dal collega, il grillino replica glaciale: « I fatti si fanno al ministero dello Sviluppo, perché è lì che ci si occupa delle imprese » . « A me interessa la sostanza », replica il numero uno della Lega. I numeri, comunque, continuano a non tornare. Senza limitare ad un anno gli effetti della Fornero, sarà difficilissimo evitare la procedura. Tocca a Tria, allora, convincere i vicepremier della necessità di una nuova sforbiciata al deficit. E al premier spiegare stamane a Montecitorio cosa andrà a raccontare a Juncker. Il resto è politica, competizione tra alleati. Potrebbero ritrovarsi oggi a Palazzo Chigi. Litigare ancora. E avvicinare di un altro passo la bocciatura di Bruxelles.