Dedicato ai cinici.

 

il caffè
Mimmo Lucano non è un falso buono. Non è Buzzi o Carminati, e neanche una onlus opaca. Sui migranti non ha guadagnato un centesimo e ad affermarlo è lo stesso giudice che lo ha costretto ai domiciliari. Il sindaco di Riace ci è finito per avere violato le leggi sull’immigrazione clandestina. Il suo modello di convivenza, studiato nel mondo, consiste nell’usare i soldi pubblici per dare lavoro ai migranti e ai locali, riattivando le botteghe cadute in disuso. L’esatto contrario dell’assistenzialismo piagnone e arraffone che giustamente infastidisce chi oggi esulta per il suo arresto. Però, se per metterlo in pratica ha commesso dei reati, è giusto che paghi come qualsiasi altro cittadino. Talvolta il fine giustifica i mezzi, cioè la disobbedienza civile, ma una cosa è essere Gandhi nell’India occupata dalle truppe britanniche, un’altra abitare in una democrazia, dove si rispettano anche le leggi che si vogliono cambiare.
Siamo in presenza di un dilemma etico che dovrebbe interrogare le coscienze e invece, come sempre, da noi sta agitando gli ultrà. I cinici che attaccano il sindaco di Riace senza conoscerne l’opera per screditare attraverso la sua vicenda giudiziaria il principio stesso dell’accoglienza. E quelli che, con altrettanto cinismo, lo difendono per addossare a un governo ostile la responsabilità di un’iniziativa della magistratura. Gli uni e gli altri brandiscono Mimmo Lucano come una clava, mentre si tratta soltanto, e per fortuna, di un uomo .

 

Corriere della Sera. https://www.corriere.it/