“Dai Verdi ai no Brexit c’è una generazione senza frontiere che sta crescendo”

ENRICO FRANCESCHINI,
LONDRA
«I giovani come Antonio Megalizzi sono la nuova maggioranza silenziosa: la generazione meglio istruita, più cosmopolita e più globale della storia. I media non si accorgono di loro perché non sono violenti. E il mondo politico non se ne accorge perché i partiti odierni non li rappresentano. Ma questi ragazzi sono il futuro. Anzi stanno diventando il presente e devono farci sperare che il mondo non tornerà indietro: andrà avanti». Columnist del Financial Times e autore di saggi bestseller, Simon Kuper è un ottimista incorreggibile: distratti dai “gilet gialli” di Parigi, avverte nella sua rubrica del sabato sul quotidiano della City, rischiamo di non accorgerci di fenomeni potenzialmente più importanti, come la generazione Erasmus e la crescita dei movimenti ambientalisti.
Nato in Uganda da genitori sudafricani, cresciuto ad Amsterdam, laureato ad Harvard, residente a Parigi e commentatore di un giornale inglese, Kuper esorta ad allargare lo sguardo per cercare di vedere, capovolgendo il noto proverbio, “la luna invece del dito”.
Vuole dire che le cose non vanno così male come sembra?
«Voglio dire che una settimana fa, mentre a Parigi marciavano 10mila gilet gialli e altri 120mila nel resto della Francia, le manifestazioni dei Verdi hanno attirato nello stesso giorno il doppio dei manifestanti. Ma stampa e tivù prestano più attenzione a chi incendia auto e spacca vetrine».
Eppure il populismo nasce da preoccupazioni reali.
«Sì, ma è possibile che venga almeno in parte travisato. La Brexit viene giudicata conseguenza del disagio della classe operaia nel nord industriale dell’Inghilterra, ma un recente studio di Oxford rivela che ha avuto soprattutto il sostegno dei ceti medi benestanti nell’Inghilterra del sud. Trump viene spiegato come la rivolta dei lavoratori dimenticati, ma i suoi elettori al 90 per cento avevano votato repubblicano anche nel 2012 e sono mediamente più ricchi di quelli di Hillary Clinton, che fra parentesi ha ricevuto 3 milioni e mezzo di voti in più. E in Francia il 40 per cento dei gilet gialli sono sostenitori di Marie Le Pen».
Niente di nuovo, dunque, secondo lei?
«È indubbio che la crisi finanziaria del 2008 ha lasciato acute ferite sociali. Ma per certi versi il populismo viene da un elettorato bianco, maschio, rurale, di istruzione medio bassa e di medio reddito che ha sempre votato per la conservazione del suo status quo e si sente minacciato dal nuovo che avanza, a cominciare dall’immigrazione».
E i giovani come il giornalista italiano ucciso da un terrorista a Strasburgo, invece?
«Sono una generazione che viaggia molto, crede nell’Europa senza frontiere e pratica il volontariato e la solidarietà più di chi li ha preceduti. Sbagliamo a giudicarli poco interessati alla politica. Il problema è che i partiti tradizionali non suscitano interesse nei giovani: la sinistra perché legata ai sindacati, che difendono i lavoratori con posto fisso, categoria a cui i giovani d’oggi di rado possono aspirare; la destra perché legata alla chiesa o a un conservatorismo sociale in cui i giovani d’oggi non si riconoscono. Perciò appoggiano movimenti relativamente nuovi come i Verdi, cresciuti più dei partiti nazionalisti in Germania e altrove. Oppure appoggeranno nuovi partiti, formati da loro stessi».
Perché li definisce la nuova maggioranza silenziosa?
«Perché sui media si parla molto del disagio dei cosiddetti
forgotten men, gli uomini dimenticati dal progresso tecnologico e dalla rivoluzione digitale, che certamente esistono, ma non si parla abbastanza dei giovani e meno giovani che credono nel mondo nuovo e si battono per migliorarlo. I 20-30enni della cosiddetta Erasmus Generation hanno studiato più dei loro genitori, viaggiato di più e sono più pronti a cambiare vita, città, esperienze».
Che consiglio darebbe a media e politici dal suo osservatorio?
«Di non scrutare l’orizzonte in attesa del prossimo Trump o della prossima Brexit. Per un insieme di cause, il 2016 è stato un brutto anno, ma non è detto che sia destinato a ripetersi.
L’ondata populista potrebbe avere già raggiunto e superato il suo apice. Ve ne state accorgendo anche in Italia, dove l’alleanza Lega-5Stelle non mantiene le promesse e fa marcia indietro. Distratti dai gilet gialli, rischiamo di non accorgerci dei nuovi movimenti che, guidati da giovani come Antonio, cercano di portare avanti il mondo, anziché tornare indietro».
Fonte: La Repubblica, https://www.repubblica.it/