Crediti fiscali Montepaschi, salta la norma anti Unicredit

Tempi stretti per il dopo Mustier. Mediobanca, Del Vecchio sale ancora, è all’11%

Fabrizio Massaro

 

Entra nel vivo la ricerca del nuovo amministratore delegato di Unicredit. Ieri il comitato nomine presieduto da Stefano Micossi, cui partecipa anche il presidente designato Pier Carlo Padoan (ex ministro dell’Economia), ha avviato l’iter di selezione dei potenziali candidati a sostituire Jean Pierre Mustier, nell’ambito della stesura della lista per il nuovo board. In Unicredit si punta a fare in fretta sia pure nell’ambito di un processo «rigoroso», con priorità al nome del ceo. Un consiglio ordinario è previsto per la prossima settimana e potrebbe essere l’occasione per una short list se non già quello della fumata bianca. Si guarda a banchieri italiani di esperienza internazionale: tra i nomi, Marco Morelli, Alberto Nagel, Gianni Franco Papa, Flavio Valeri, Diego De Giorgi, Carlo Vivaldi, Francesco Giordano, Matteo Del Fante, Marco Mazzucchelli. E che credano nel consolidamento.

Alla base della rottura tra Mustier e il board — secondo fonti a conoscenza del dossier — ci sarebbe stato proprio un progressivo «disallineamento» sulla strategia, a cominciare dall’idea di dividere Unicredit in due con la parte estera da quotare a Francoforte. Il board avrebbe paventato il rischio di un trasferimento di fatto della banca in Germania lasciando l’Italia, dove invece il diretto concorrente Intesa Sanpaolo cresce per acquisizioni e guadagna. In questo contesto le condizioni che Mustier avrebbe posto per rilevare Mps — dote e via libera alla subholding — non sono state accolte bene a Roma: il governo non poteva accettare di dare aiuti a una banca che appare ritirarsi dall’Italia.

La nuova linea del board è dunque: sì alle fusioni, ma non a ogni costo. Anche Mps può essere un target ma a condizione che non danneggi il patrimonio della banca. Ma il tavolo si può riaprire. E in ogni caso il Tesoro è destinato a restare nella futura Uci-Mps (con circa l’11%, stima Equita). Ieri è stato anche eliminato un ostacolo parlamentare alla formazione della dote: è stato dichiarato «inammissibile» l’emendamento M5S che voleva limitare a 500 milioni i crediti fiscali («dta») in caso di fusione. Resta in manovra la versione attuale che assegna a Mps 2 miliardi di dote.

Ma tutto il mondo bancario appare in fermento. Mentre in Mediobanca la Delfin di Leonardo Del Vecchio cresce ancora all’11% dal 10,16%, Banco Bpm — che ha un tavolo con Unipol, azionista di riferimento di Bper — vuole accelerare: «Siamo molto disponibili a fare un’altra fusione», ha detto il ceo Giuseppe Castagna a un evento di Rcs Academy, mentre il ceo di Bper Alessandro Vandelli si è detto concentrato sull’integrazione delle filiali ex Ubi, anche se il socio Unipol è uno «stimolo».

 

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