Cohen e Ihlen il genio egoista e la sua musa

di Giuseppe Videtti
Nick Broomfield aveva vent’anni, era in crociera tra lo Ionio e l’Egeo con i genitori. A bordo, anche l’arcivescovo di Canterbury e la moglie, donna tutt’altro che bizzoca, una che sapeva stare in società e amava divertirsi. Fu lei a suggerire al ragazzo di fare scalo a Hydra. «Mi strizzò l’occhio e disse, ti piacerà» racconta il regista, 72 anni, autore di docufilm chiacchierati come Kurt & Courtney e Whitney . «Hydra era bellissima, selvaggia, non tutte le case avevano l’elettricità e l’acqua si tirava su dal pozzo. Restai per tre settimane in una pensioncina, dormendo nel patio perché le stanze erano tutte occupate. Lì conobbi Marianne Ihlen (1935-2016), un incontro romantico, tenero, disinibito. Mise su della musica, fu la prima volta ascoltai la voce di Leonard Cohen (1934-2016). Le sembrerà ridicolo, ma cominciai a piangere a dirotto. Quelle canzoni accarezzavano i miei desideri e le mie aspirazioni, fu l’inizio di una nuova vita, pensai che sarei rimasto lì per sempre».
Marianne non sarebbe mai stata sua. Era il 1968, la bionda norvegese che per sette anni aveva vissuto su quella lacrima di terra la più romanzata storia d’amore del Novecento col più desiderabile artista del secolo, stava elaborando un lutto interiore che l’avrebbe tormentata fino alla morte. Leonard aveva abbandonato la casa di Hydra dove aveva scritto i suoi due primi libri e aveva iniziato con successo la carriera di cantautore, infrangendo un sogno durato sette anni – due creature del nord del mondo con le coscienze dilatate dall’esperienza lisergica, stordite dalla salsedine del Mediterraneo e ubriache di amore libero. Broomfield ha impiegato più di cinquant’anni per mettere a fuoco una storia, di cui in qualche modo è stato comparsa, nella migliore delle sue opere, Marianne & Leonard. Parole d’amore , già presentato al Sundance Film Festival, nelle sale italiane il 3 e 4 marzo con Nexo. «Ero perdutamente innamorato di Marianne », continua, «e lei era follemente innamorata di Leonard. Lo raggiunse a New York per cercare di ricostruire la storia, ma fu un disastro».
Un addio non dichiarato, non consumato, quindi ancora più pernicioso. Tutto si complicò in maniera irreversibile. Il figlio che aveva avuto dal primo matrimonio, Axel, cominciò a manifestare disturbi psichiatrici e quando Leonard seppe che Marianne aspettava un bimbo da lui, le consigliò di abortire – lo fece, ma fu un colpo durissimo. Genio egoista? «Ne era cosciente. Non sarebbe stato il grande poeta e cantautore che conosciamo se non avesse combattuto e pagato per le sue contraddizioni e per la depressione profonda di cui soffriva fin da ragazzo. Eppure, non ho mai sentito Marianne piagnucolare o lamentarsi o maledire Leonard; era stoica, orgogliosa, poco incline all’autocommiserazione », ricorda Broomfield, che ha continuato saltuariamente a frequentare la Ihlen, anche dopo il secondo matrimonio di lei. Quel disastroso viaggio a New York l’aveva prostrata. Leonard alloggiava al Chelsea Hotel, era innamorato di Nico (la voce dei Velvet Underground). Voleva vivere la vita pienamente, inseguiva senza freni le passioni, la sua curiosità sessuale era insaziabile. Marianne dovette arrangiarsi in un appartamentino pidocchioso, prima di far ritorno a Hydra, devastata».
Nel documentario di un’ora e mezza Broomfield non fa cenno alla sua passione per la carismatica e influente sirena; aveva già capito, ascoltando So long, Marianne, Hey, that’s no the way to say goodbye e Bird on the wire che quei due si appartenevano nel bene e nel male, e che nella loro utopia non c’era spazio per il miraggio di nessun altro. Immagini inedite girate a Hydra, spezzoni di dietro le quinte in cui Leonard flirta sornione con questa e quella, interviste agli amici del circolo dell’isola: in qualche modo Leonard e Marianne restano in contatto anche quando l’artista, accasato a Montreal con Suzanne Elrod (dalla quale ha avuto i figli Adam e Lorca), continua a inseguire i suoi demoni, a far fronte alle sue fragilità e a combattere con l’industria del disco (la Columbia boccia l’album Various Positions ; l’album del 1984 che contiene Hallelujah , l’inno ripreso in oltre trecento versioni, esce solo in Europa).
Broomfield e Cohen s’incontrano per la prima volta a Los Angeles nel 1990 «a una ridicola cena organizzata per un ridicolo premio. Sapeva che io e Marianne eravamo stati amanti. Le racconto una storia: la madre del mio primo figlio era andata in Grecia per girare un documentario sugli artisti che popolavano l’isola ed ebbe a sua volta un flirt con Leonard. Noi che abbiamo vissuto a Hydra siamo interconnessi a vita». Infine, commosso, conclude: «A un certo punto Marianne cominciò a cambiare, anche fisicamente. Si risposò e tornò in Norvegia, una scelta che la incupì parecchio. Lasciare quel posto al sole fu una sofferenza indescrivibile. L’eterna adolescente si trasformò in una donna di mezza età; il suo cuore e la sua gioventù e la sua bellezza erano rimasti laggiù ». Nel 2016 Marianne è in ospedale, sa che non le resta molto, vuole che Leonard lo sappia. Lui le scrive una lettera vergata a mano. La scena finale: qualcuno fuori campo gliela legge…parole che si scrivono alla compagna di una vita. Lei muore il 28 luglio, lui tre mesi dopo. Avevano mai smesso di amarsi quei due? No. È solo che ai mortali non è dato vivere due volte lo stesso sogno. Neanche agli artisti e alle loro muse.
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