MILANO Le parole eversione e complotto le lascia ai compagni di partito. Lui preferisce un altro termine: fango. «Il giudizio politico è che qualcuno, quelli che volevano usare Consip per gettare fango addosso a me vedrà quel fango ritorcersi contro. Il tempo è galantuomo, lo sarà anche per la vicenda Consip». La risposta di Matteo Renzi alla pubblicazione di stralci dell’audizione sull’indagine Consip del procuratore di Modena Lucia Musti sulle frasi del capitano Scafarto («Scoppierà un casino, arriviamo fino a Renzi») e del colonnello dei carabinieri De Caprio (Ultimo), arriva nel tardo pomeriggio sul palco del teatro Franco Parenti a Milano. Intervistato dal direttore del Foglio , Claudio Cerasa, il segretario del Pd prima indugia: «Complotto? Non è una parola che ho mai utilizzato né la utilizzerò adesso. Non dimentico di essere un esponente delle istituzioni, sono il 27esimo presidente del Consiglio in Italia».
Rinnova la sua stima e fiducia all’Arma, ai Servizi, ai magistrati. Ma il giudizio politico è tranchant: «Lo scandalo Consip è nato per colpire me e credo che colpirà chi ha falsificato le prove per colpire il presidente del Consiglio». Di più: «Non abbiamo niente di cui vergognarci. La verità viene fuori e finirà per colpire chi ha tradito il senso dello Stato. C’è un giudice a Roma e noi ci fidiamo dei giudici». C’è anche il risvolto personale: «Ho una vicenda personale, umana, molto sofferta. Chi mi è vicino ha sofferto. Pretendo la verità».
È la punta dell’iceberg. Il Pd insorge, una volta tanto unito e compatto. Se Democratica , il quotidiano online dei dem titola «Il Complotto», il presidente pd, Matteo Orfini parla apertamente di «eversione» come nei periodi più bui della Repubblica: «Siamo di fronte a pezzi di apparati dello Stato che hanno consapevolmente lavorato per fabbricare prove false per colpire il legittimo presidente del Consiglio del Paese e per interferire con la dinamica democratica. Qualora fosse confermato, ci sarebbe un termine tecnico per definire questo tipo di comportamenti. E si chiama eversione». È la volta del ministro Dario Franceschini: «La vicenda giudiziaria Scafarto assume ogni giorno dei caratteri di gravità inaudita. Una cosa sono le indagini, con le quali è indispensabile non interferire, un’altra le reazioni politiche. Questo è un fatto di una gravità istituzionale enorme, e azioni e parole di chiarezza e solidarietà dovrebbero arrivare da tutti, avversari compresi». «Se i fatti fossero confermati, saremmo di fronte a un vero complotto ordito per colpire Matteo Renzi, in quel momento presidente del Consiglio» taglia corto Piero Fassino. «Il nostro Paese ha già vissuto periodi bui in cui torbidi intrighi hanno indebolito la nostra democrazia. In questo momento tutta la classe dirigente, a cominciare da chiunque abbia responsabilità politiche, deve essere unita per evitare di ripiombare in quella condizione».
Viene depositata anche un’interrogazione dei deputati Pd, firmatario Michele Anzaldi, in cui si chiede al ministro dell’Interno Claudio Minniti e al ministro della Difesa Roberta Pinotti di valutare «se e in che modo si debba intervenire per verificare se alcuni carabinieri abbiano realmente tramato contro i vertici democratici del Paese». La parola finora taciuta viene allo scoperto «Se quanto emerso fosse confermato, saremmo di fronte ad atteggiamenti di pubblici ufficiali dell’Arma che avrebbero tramato per rovesciare il vertice democratico del Paese, in uno scenario ai limiti del colpo di Stato».
Maurizio Giannattasio
- Sabato 16 Settembre, 2017
- CORRIERE DELLA SERA
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