Centrosinistra: A.A.A. cercasi elettori e militanti, disposti a sacrificarsi per non si sa cosa

L’editoriale del direttore Nico Perrone per Dire Oggi

ROMA – Ormai sono decenni che ce la raccontiamo: finite le ideologie, mandati al macero i vecchi partiti, venute meno le ragioni dei blocchi sociali, ormai ci ritroviamo soli e bla bla bla. Il centrodestra, nelle diverse sfumature, ha il vento in poppa, si prepara a vincere le prossime elezioni politiche dicono tutti i vari sondaggisti. E il centrosinistra? Il Pd del nuovo segretario Enrico Letta? E il M5S che aspettando Godot Conte si sta trasformando in 5 Stelline rissose? Cominciamo dal Pd che, maledetti sondaggi, dal 2018 non si schioda dal 18-19 per cento. Cambiano i segretari, con loro la linea politica, ma tra gli elettori nessuno sembra accorgersene. Di giovani, a cui Letta ha detto che vorrebbe aprire le porte Dem, non se ne vedono, e quelli che, tra i 18 e i 34 anni, nonostante tutto voterebbero Pd sono un misero 14%. Tradotto, significa che la forza politica che si richiama al futuro e al progresso è, di fatto, in mano a una generazione che guarda indietro e che difende con le unghie e coi denti quel poco (o tanto) che ha conquistato.

Al governo c’è Mario Draghi, pure lui ha detto che la gran parte dei fondi europei dovrà andare in direzione delle giovani generazioni, che poi saranno chiamati negli anni a ripagare i debiti che gli abbiamo caricato sulle spalle. Con Draghi, lo si è visto in più occasioni, le chiacchiere (politiche) stanno a zero, il premier è abituato al segno del comando e tant’è. Quindi ci sarebbe tempo per aprire una vera, dirompente, discussione nel Paese sul futuro del centrosinistra, su quali nuove parole d’ordine chiamare all’impegno, a dare fiducia col proprio consenso. Invece? Tra i Dem si è tornati a litigare e a dividersi nelle varie correnti, pardon aree politiche.

Letta, appena eletto segretario, aveva chiesto discontinuità col cambio dei capigruppo figli della passata gestione renziana. Bene, passato qualche mese l’ex Capogruppo Graziano Delrio e la nuova Capogruppo, Debora Serracchiani, si sono iscritti, pardon, hanno aderito a Base Riformista, che il dibattito politichese definisce ‘ex renziani’. Significa che tra i Dem stanno volando gli stracci, anche se al momento non si vede nulla. Ed è una lotta feroce, che sta colpendo da Nord a Sud: a Bologna, dove per le elezioni comunali è in corso una guerra furibonda tra il candidato ufficiale del Pd e la candidata esterna di Renzi ma sostenuta anche da altri dirigenti del Pd; in Calabria, dove per le regionali era in corsa Nicola Irto, sostenuto da Letta ma costretto a ritirarsi dopo che le varie correnti locali si sono messe di traverso. E Letta? Al momento lo reclamano a Siena come toscano, per candidarlo nel collegio mollato dall’ex ministro Padoan che ha lasciato la politica per fare il banchiere, e molti si chiedono ancora perché (sto scherzando). Ma non sarà facile, anche da onorevole, perché visti i risultati delle amministrative di ottobre subito dopo proprio Base riformista chiamerà al Congresso per cambiare linea politica e rompere definitivamente con il M5S. Appunto, i ‘grillini’, al momento sono ancora in attesa di Godot Conte (“sta sempre a discutere e a pranzare con Goffredo Bettini” commenta velenosa una fonte ‘grillina’) che, forse la prossima settimana, presenterà finalmente le sue tavole della legge. Ma già adesso si sentono mugugni e grida, che diventeranno bordate politiche da fine luglio, quando col semestre bianco non si rischieranno le elezioni anticipate. Anche lì finora si mette tutto da parte, ma ci sono temi che prima o poi diventeranno macigni, perché Grillo il supremo di superare lo stop del secondo mandato proprio non ne vuol sapere; perché Conte ancora non ha chiarito dove si posizionerà politicamente il nuovo M5S, e non sarà facile visto che l’ex capo Di Maio guarda a Sud mentre il ministro Patuanelli guarda ai ceti produttivi e alle partite iva del Nord. Si vedrà, magari alla fine ci sarà il Movimento di Di Maio e il partito di Conte.

Ultima provocazione, una proposta per incentivare in qualche modo il rinnovamento in politica. Visto che le passate generazioni ancora non si fanno da parte, anzi, rivestono ancora tanti posti di responsabilità, introdurre un regolamento per indicare l’età di 50 anni per questi incarichi. Pessima notizia per chi non li ha ancora compiuti ma, come dice la grande Fran Lebowitz, se hai meno di cinquant’anni non ne sai abbastanza del mondo, non hai visto abbastanza fatti accadere. A 50 anni sei arrivato a un punto in cui sai più o meno tutto e sei ancora fisicamente e mentalmente in forma. E per tutti i saggi che rimarranno fuori? I loro consigli, gratis, per tutti quelli che li vorranno.

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