Caro ministro Franco è ancora presto per parlare di numeri

Franco: «Mps non sarà svenduta, con Unicredit soluzione strategica». Il ministro del Tesoro: nessun rinvio, nell’interesse del Paese. Senza fusione oltre 2.500 esuberi.

di Andrea Ducci

 

ROMA «Non ci sono le condizioni per interrompere l’operazione di dismissione, che trova la sua base giuridica nel decreto del presidente del Consiglio dell’ottobre 2020, inoltre l’operazione raggiunge obiettivi strategicamente superiori nell’interesse del Paese». Con poche battute in commissione Finanze di Camera e Senato, il ministro dell’Economia, Daniele Franco, riassume il destino della trattativa di Unicredit per l’acquisto di Monte dei Paschi di Siena. Il titolare del ministero di Via XX Settembre ai parlamentari spiega, del resto, che «solo due soggetti hanno manifestato interesse». A farsi avanti è stato lo scorso mese di febbraio il fondo Apollo, e, poi, Unicredit che ha fatto «ingresso alla data room nei giorni scorsi». L’intervento di Franco, invocato da buona parte delle forze politiche per chiarire i contorni di una vendita che rischia di fare ballare l’esecutivo, fissa i punti fermi del percorso di cessione del 64% di Mps da parte del Tesoro. Premesso che «non si tratterà di una svendita statale» e chiarito che «non vi sono al momento indicazioni che facciano intravedere rischi di smembramento», il ministro ricorda il pericolo per la banca senese se non si procedesse con la vendita. «Ci sarebbero rischi considerevoli e seri problemi di competitività. Per raggiungere l’obiettivo di un rapporto tra costi e ricavi del 61% la banca — ricorda il ministro Franco — ha stimato circa 2.500 esodi volontari. Nel caso che l’interlocuzione con la commissione Ue ponga obiettivi più ambiziosi, gli esuberi di personale potrebbero essere considerevolmente più elevati».

Tra gli argomenti che impongono una vendita in tempi stretti, mentre molti parlamentari chiedono di frenare e prendere tempo, Franco rammenta che Mps è risultata la peggiore banca europea nella valutazione dei coefficienti patrimoniali. «L’esito dello stress test conferma l’esigenza di un rafforzamento strutturale di grande portata», tradotto vuol dire che servirebbe un aumento di capitale ben superiore ai 2,5 miliardi prefigurati finora, al punto da rendere «un piano stand alone esposto a rischi ed incertezze considerevoli e a seri problemi di competitività».

Lo scenario è, insomma, quello di un percorso obbligato a dispetto delle accuse di «regalare» il Monte a Unicredit e dell’osservazione che i conti sono in miglioramento, oggi è, tra l’altro, il giorno dei risultati trimestrali per Mps. Un percorso durante il quale «il governo garantirà la massima attenzione alla tutela dei lavoratori (sono 21 mila i dipendenti, ndr) utilizzando gli spazi negoziali e definendo i presidi a tutela dell’occupazione del territorio con una pluralità di strumenti. Anche la tutela del marchio rappresenterà una priorità del governo. Il marchio ha un valore non solo storico ma commerciale».

 

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