Il ministro Franco difende debolmente la scelta Unicredit

Franco difende Unicredit “Mps da sola non regge ma non sarà svenduta”
di Vittoria Puledda
MILANO — Per Mps non ci sono rischi di spezzatini all’orizzonte, nelle ipotesi che si sta percorrendo con Unicredit, la sola banca che si sia fatta avanti. L’aggegrazione rappresenta «la soluzione strategicamente superiore dal punto di vista dell’interesse generale del Paese» ed è « motivata sotto un profilo industriale». Lo spiega il ministro dell’Economia, Daniele Franco, parlando alle commissioni Finanze di Camera e Senato.
Invece ci sono, e tanti, rischi e incertezze in un’ipotesi stand alone , nei fatti impraticabile. Anche alla luce degli esiti dello stress test realizzato dall’Eba, che ha messo in luce la necessità di un «aumento ben superiore a quello previsto dal piano 2020-2025» da 2,5 miliardi di euro. Franco conferma la linea tenuta finora dal Mef sul Montepaschi: massima attenzione all’occupazione e al marchio, ma assolutamente nessun passo indietro rispetto agli impegni presi con la Commissione. «Non vi sono le condizioni per mettere in discussione la cessione»; dunque, nessuna richiesta di rinvio dei termini all’Ue. Anche perché, sottolinea il ministro, il nuovo piano industriale messo a punto da Mps «presenta alcuni obiettivi non conformi con gli impegni» presi con l’Unione Europea, «in particolare in merito a quello relativo alla riduzione dei costi». Ricordando i 21 mila dipendenti del gruppo, che saranno tutelati con «una pluralità di strumenti», il ministro ha sottolineato che «nel caso probabile in cui la Commissione Ue ponesse un obiettivo più ambizioso » di riduzione dei costi per Mps, «gli esuberi di personale potrebbero essere considerevolmente più elevati » rispetto alle 2.500 unità di esodi volontari stimati dalla banca nel piano industriale.
Franco chiarisce anche i possibili assetti futuri e in particolare il ruolo del Mef. Al termine dell’aggregazione, il Mef potrebbe ritrovarsi azionista di Unicredit. «È possibile che il ministero riceva azioni Unicredit, ma tale eventuale partecipazione non dovrebbe alterare gli equilibri di governance». Una vendita che dovrà avvenire a condizioni di mercato («Vorrei rassicurare che non si tratterà di una svendita di proprietà statale») anche se dal perimetro restranno fuori «i crediti deteriorati e il contenzioso legale».
Oggi intanto si alzerà il velo sui conti del Montepaschi. Che, secondo voci rilanciate dalle agenzie, potrebbero persino vedere una bella notizia, il segno più anche davanti al secondo trimestre (il primo si era chiuso con un utile netto di 119 milioni). Ma tutto sommato non è un fattore in grado di cambiare le sorti – né lo stato di salute – del Monte, né la necessità di trovare un matrimonio in tempi brevi. La trattativa con Unicredit intanto riceve un assist importante dal mondo finanziario. «Non ci porremo in nessun modo come ostacolo ad una eventuale operazione di Unicredit nei confronti di Mps», dice l’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, riferendosi a un possibile ricorso presso l’Antitrust, se andasse in porto la fusione. Ai tempi di Intesa-Ubi, Unicredit chiese di essere ascoltata dall’Autorità garante della Concorrenza, che stava già svolgendo indagini. Messina sottolinea che considera «un valore tutto quello che può stabilizzare il sistema», riferendosi alla cessione di Mps.
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