“Cari illuministi avete perso Ora tocca a noi”

Parla Andrzej Zybertowicz, consigliere del presidente polacco Duda “Ho scelto Repubblica perché è il giornale più lontano dalle mie idee”
di Wlodek Goldkorn
Andrzej Zybertowicz è sociologo, ha sessantasei anni, unlontanopassato da marxista e un presente da consigliere dell’attuale capo di Stato polacco Andrzej Duda.Inrealtà,Zybertowicz,unintellettuale eclettico e spregiudicato nella sceltadellefontidelpensiero,èuno dei teorici principali del sovranismo alpotereinPolonia.Nellanonsemplice trattativaperconcederequestaintervista (a un giornalista schierato con i suoi avversari e per un giornale disinistra:nientecommentiquindie solo domande e risposte), ha voluto sottolinearediessere”unagnostico”. Qualcheannofahapubblicato,assieme a un gruppo di studiosi, un libro dal titolo Il suicidio dell’Illuminismo?
Ecco, il mondo va troppo veloce e va fermato. E intanto esaltiamo il vecchio, ilconosciuto,l’usatosicuro:Dio, PatriaeFamiglia(perarginare«ilfondamentalismo dei diritti umani»), mentreil presidenteDuda, neicomizi elettorali (si vota a fine mese) paragona ildiscorsoLgbtall’ideologiabolscevica, sommaingiuriainPolonia.
Ci spiega qual è il problema con l’Illuminismo?
«È nella sua premessa, per cui grazie alla ragione e alla scienza, l’umanità sarebbe in grado di fare sì che nel mondo regni il bene, perché la ragione e la scienza, appunto, sono gli strumenti adatti per conoscere i veri bisogni degli uomini. È questa in estrema sintesi la versione dei Lumi cara alla sinistra e ai liberali. Ma la scienza non è neutrale, e non lo è neanche la ragione».
Lo dicono anche molti pensatori di sinistra, da Adorno e Horkheimer a Bauman e tutto il filone del pensiero post coloniale e femminista.
«Anche George Soros, non un filosofo, ha rilevato nei suoi testi la non neutralità della scienza e del sapere. Però spesso si dimentica quanto la tecnica porti con sé i cambiamenti delle strutture di potere. E questo riguarda prima di tutto le tecnologie digitali e tutto ciò che viene da Silicon Valley. La rivoluzione digitale ha fatto crescere le disuguaglianze ed è un fattore potente di polarizzazione sociale. Occorre riflettere sugli intrecci fra il sapere, la tecnica e gli interessi di alcuni ceti sociali e delle multinazionali».
E quindi, cosa facciamo con l’Illuminismo? Lo buttiamo nella pattumiera della storia, per usare un termine caro al bolscevico Lev Trockij?
«Non penso alla pattumiera.
Parlo del disincanto dell’Illuminismo. Bisogna riportare la ragione scientifica al ruolo di una delle istituzioni filosofiche, non considerarla come cassazione. La ragione non è in grado di spiegare tutto e, agendo, e non contemplando come pretenderebbe, altera il mondo».
Cosa c’è di male nel cambiamento? Marx diceva che “il compito della filosofia è trasformare il mondo”.
«È una tesi dalle conseguenze micidiali. La nostra capacità di cambiare il mondo è nettamente superiore alla capacità di capirlo e così abbiamo effetti collaterali inattesi. Siamo smarriti. E per questo propongo una moratoria sull’accelerazione della tecnologia. Oggi la propaganda filo business dice: il mondo ci sfugge e quindi dobbiamo accelerare lo sviluppo della tecnica. E invece siamo come una persona che guida un’automobile su una strada piena di curve, verso un mondo promesso. Il motore (la rivoluzione digitale e il mercato) è potente ma lo sterzo e i freni sono debolissimi. Ma allora prima di tutto dobbiamo dotarci di un buono sterzo e ottimi freni. Per farlo occorre fermare l’automobile».
Riassumendo. Intanto fermiamo il mondo. Ma qual è l’alternativa alla Ragione?
«Dal punto di vista politico, autocrazia oppure anarchia: e sono ambedue negative. Il filosofo John Grey, traendo le conclusioni di quello che è successo in seguito alle primavere arabe (più vittime rispetto a quelle delle tirannie) ha criticato il fondamentalismo dei diritti umani e la presunzione che siano un paradigma universale. È una promessa nociva quella che con la ragione si può costruire la democrazia. Quando abbiamo inventato la rete, la realtà è stata moltiplicata e potenziata in modo che nessuno è in grado di riconoscersi nell’architettura di un mondo che muta ogni frazione di secondo».
In concreto. Dobbiamo tornare all’identità nazionale?
«Anthony Giddens (teorico britannico della Terza via ndr) parla della perdita di sicurezza ontologica. Ecco, per restituire questa sicurezza dobbiamo conservare gli elementi d’identità che danno il senso di appartenenza collettiva. Erano premature le tesi marxiste sull’estinzione dello Stato e sono ugualmente precoci le tesi sulla urgenza di cosmopolitismo.
Privata dell’identità, la gente reagisce con violenza».
Essere quindi polacco. Ma che cosa vuol dire? Si tratta di un paese che per secoli è stato abitato da gente di varie lingue, fedi, riferimenti di memoria. È cittadinanza? È appartenenza etnica?
«Cito il nostro ministro della Cultura ed eredità nazionale: “Siamo patrioti culturali non etnici”. Chiunque arrivi in Polonia e pensi che la cultura polacca abbia dei valori che vale la pena coltivare e si riconosce nei suoi simboli, sarà un polacco. Si tratta di simboli che da secoli sono segni della nostra identità, delle nostre vittorie e disfatte».
Altra istituzione che dà sicurezza ontologica è la famiglia, presumo. Possono esserlo due persone dello stesso sesso?
«Un’unione di persone dello stesso sesso può svolgere alcune importanti funzioni familiari, ma non dovrebbe essere equiparata al matrimonio. Solo una relazione tra una donna e un uomo può dare nuova vita e spesso viene creata proprio per intraprendere insieme il compito di concepire e crescere i bambini. Gli omosessuali non partoriscono figli. E non generare figli è una minaccia alla specie umana. Il mio atteggiamento nei confronti delle persone non eteronormate è il seguente: divieto di pratica discriminatoria, ma niente promozione della loro cultura».
Cosa è la promozione?
«Spiegare ai bambini a scuola: non è detto che la coppia padre madre debba essere un maschio e una femmina; oppure: se non ti va bene essere quello che sei puoi sperimentare altre forme di sessualità e forse ti realizzi meglio se cambi sesso. Quella è una forma di fondamentalismo dei diritti umani che destabilizza la famiglia eterosessuale in quanto fondamento della società. E se le persone non troveranno più l’appoggio nella famiglia finiranno preda delle multinazionali o dei demagoghi. Senza la famiglia non ci può opporre ai poteri autocratici e forti».
In Polonia vige una delle leggi più severe al mondo che vietano l’aborto.
«Le donne non sono punibili e in alcuni casi questa pratica è permessa».
In pochissimi casi. E resta la questione di principio: è diritto delle donne decidere se portare o no la gravidanza al compimento. Si tratta del loro corpo.
«In un mondo in cui la gente perde la bussola bisogna salvaguardare il sacro. Di quel sacro fa parte la difesa dell’origine della vita umana. Ma poi leggo molto sull’emergenza ambientale. Mi chiedo come si fa a convincere le persone a ragionare in termini degli interessi dell’ecosistema e non del tornaconto individuale.
Penso che questo sia possibile solo a partire dal valore della sacralità delle vita. Infine, vogliamo una persona responsabile e che veda il nesso fra causa ed effetto o vogliamo una generazione di narcisi? Una situazione in cui la donna dice: non sono stata stuprata, ho fatto sesso di mia volontà, ma non voglio subirne le conseguenze, fa parte di una cultura in cui le persone non sono capaci di sacrifici.
Perché crescere un bambino (mi ricordo cinque anni senza dormire quando nacque mio figlio) richiede sacrifici».
Ho una domanda sul ruolo della chiesa.
«La interrompo per dirle che tutte le religioni hanno in comune la trascendenza e insegnano l’umiltà perché fanno capire che il mondo non è totalmente comprensibile con la ragione».
La domanda è il ruolo della chiesa nello Stato non la spiritualità che è una questione intima. Molte persone in Polonia criticano lo stretto legame fra chiesa e potere, le invocazioni pubbliche di Madonna Regina della Polonia…
«Lo dicono persone prive di sensibilità religiosa. Non è un delitto. Ma non ci si può fare beffe, come fanno molti fra i suoi amici, di chi ha una fede profonda».
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