«CAMPI LARGHI» RATTRAPPITI DALLE ALLEANZE INTERNAZIONALI

 

di Massimo Franco

 

Probabilmente alla fine si allargheranno e compatteranno per forza di inerzia, o per necessità elettorale. Ma al momento, centrodestra e centrosinistra debbono fare i conti con alleanze in tensione, a tratti in bilico. Lo scontro tra Lega, FdI e Forza Italia in Sicilia per scegliere un candidato unitario alle Amministrative sta producendo uno stallo logorante; ma soprattutto è un brutto viatico per le Politiche previste nel 2023. Non si capisce come si possano produrre una pacificazione interna e una visione comune.

Anche perché le posizioni rimangono distanti a cominciare dalla politica estera, spartiacque di qualsiasi strategia dopo l’aggressione della Russia all’Ucraina. La Lega ha come leader un Matteo Salvini pesantemente indiziato di «filo-putinismo». E deve confrontarsi con una destra d’opposizione che però è allineata col governo di Mario Draghi, con Giorgia Meloni euroscettica ma «atlantista». Capire con quale credibilità si proporranno per guidare l’Italia rimane un rebus, al quale contribuisce un Silvio Berlusconi «americano» e insieme amico del presidente russo Vladimir Putin. Ma le ultime settimane hanno rattrappito anche il «campo largo» che il Pd di Enrico Letta coltiva con un asse privilegiato col M5S. Si tratta di un’alleanza spuria, dettata dalla sensazione che non ci sarà nessuna riforma elettorale; e dunque il ruolo dei grillini in molti collegi del Mezzogiorno potrebbe fare la differenza. Ma per ora la prospettiva di un patto cementato solo da interessi elettorali si è ristretta e complicata; e proprio sul tema dei rapporti con Ue, Nato e Stati Uniti.

L’ambiguità sulla guerra contro l’Ucraina da parte del leader grillino Giuseppe Conte è vistosa. Arriva a mettere in forse l’invio di altri aiuti militari a Kiev, in contraddizione aperta col ministro degli Esteri, pure dei Cinque Stelle, Luigi Di Maio. Ma lo scontro in un M5S balcanizzato da mesi conta relativamente. Pesa di più il riflesso che queste oscillazioni hanno sull’azione dell’esecutivo e la sua proiezione internazionale. Di fatto, Conte e Beppe Grillo, apertamente filo-cinese, mettono in difficoltà insieme il capo dello Stato, Sergio Mattarella, il premier Mario Draghi e Letta.

Era prevedibile che la guerra dichiarata da Mosca avrebbe ridisegnato le posizioni, e sottolineato le contraddizioni di alcune forze. Il problema, però, è come partiti divisi dall’atteggiamento da tenere in politica estera potranno allearsi in modo credibile nel 2023 per governare l’Italia. Il rischio è di riproporre coalizioni in grado di vincere solo nelle urne; e, dopo la conta, costrette a prendere atto di avere strategie divergenti. Non sarebbe la prima volta, e questo dice che ci si muove in fruste logiche del passato. Ma un Draghi chiamato a cambiarle non si trova sempre.

 

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