Oggi l’esame dei nomi scelti dal Cda uscente Ma i soci ribelli preparano l’alternativa per la maggioranza Lascia Bardin, era in quota Delfin
di Sara Bennewitz
MILANO — Il consiglio di amministrazione di Generali incassa anche le dimissioni di Romolo Bardin, ad di Delfin, la finanziaria di Leonardo Del Vecchio che del Leone è il terzo azionista con il 6,6%. Davanti a lui ci sono Francesco Gaetano Caltagirone (8%), dimessosi giovedì scorso dal cda, e Mediobanca (12,8%, con opzioni di voto fino al 17,2%). A questo punto è chiaro che la procedura della prima lista del management, che i soci industriali non hanno votato e condiviso (e che inizia oggi con l’esame di una lunga rosa di candidati per il prossimo cda di Generali), finirà con uno scontro tra liste in assemblea tra Mediobanca e il gruppo guidato da Philippe Donnet e i soci industriali. Caltagirone e Del Vecchio insieme alla Fondazione Crt hanno siglato un patto di consultazione (che racchiude il 16,6% del Leone), con l’obbiettivo di proporre un management e un piano alternativo a quello di Donnet, e dopo a lungo aver cercato invano una sintesi, ora sono determinati a vincere una guerra all’ultimo voto.
Del Vecchio e Caltagirone non hanno investito solo in Generali ma sono anche i maggiori azionisti di Mediobanca. L’imprenditore che dal nulla ha creato Essilor-Luxottica ha il 19% della banca d’affari milanese e l’imprenditore romano un altro 3%. Se si contasse anche la quota Generali indirettamente posseduta via Mediobanca, Caltagirone e Del Vecchio insieme avrebbero il 17,6% di Trieste e il 18,6% dei diritti di voto. Tuttavia, nonostante la sfiducia sulla gestione Donnet manifestata dai due imprenditori con le uscite dal consiglio, al momento non ci saranno ripercussioni concrete sull’assetto di vertice. Anzi al cda odierno di Generali – che era già in agenda da tempo – si discuterà dell’opportunità di sostituire Caltagirone e Bardin (dato che ora il board è sceso da 13 a 11 consiglieri), o di andare avanti fino al 29 aprile, quando tutto il consiglio scadrà e l’assemblea dovrà rinnovarlo. E anche tutti i comitati di Generali vanno ripensati alla luce delle due recenti dimissioni.
C’è un precedente famoso nel quale uno scontro tra i soci di Mediobanca e il suo management causò terremoti a Trieste. Nel marzo 2003 gli acquisti su Generali dei primi azionisti di Piazzetta Cuccia – ovvero Unicredit e Capitalia – costarono il posto all’ad di Mediobanca Vincenzo Maranghi, che essendo in contrasto con i suoi maggiori soci lasciò le deleghe a Renato Pagliaro e Alberto Nagel, causando un rimpasto anche nel cda del Leone. E proprio nel marzo di 19 anni fa il cda di Generali aprì le porte a Sergio Balbinot, oggi membro della direzione di Allianz e manager che potrebbe fare da capofila alla lista Caltagirone-Crt-Del Vecchio per la presidenza del Leone.
Da allora i tempi sono cambiati. Le azioni si contano e non si pesano – il contrario di quello che diceva Enrico Cuccia – e anche se Mediobanca resta il primo socio di Generali, toccherà al mercato scegliere se la squadra e il piano che i soci industriali si apprestano a presentare è migliore di quello annunciato da Generali lo scorso 15 dicembre, e del nuovo consiglio che la compagnia s i appresta a scegliere. Se è vero che da quando il gruppo assicurativo ha svelato gli obiettivi industriali 2022-2024 Generali ha registrato la performance di Borsa peggiore tra le rivali, è anche vero che la battaglia sulla governance è un deterrente per gli investitori istituzionali, che non amano le liti tra soci e si riservano di valutare il da farsi quando tutte le carte saranno scoperte. I soci industriali, che tra Mediobanca e Generali hanno investito 8 miliardi, hanno ingaggiato importanti consulenti per proporre il miglior piano possibile e dei vertici qualificati agli occhi del mercato. Intanto oggi il cda di Generali vaglierà un rosa di 25 nomi, che a metà febbraio si ridurrà a una dozzina. Per allora Caltagirone e Del Vecchio avranno affinato il piano e assoldato i manager per realizzarlo, ma le due formazioni scenderanno in campo solo a metà marzo e chissà se le autorità – che finora sono rimaste a guardare – pianteranno dei paletti. Il cda del Leone per formalizzare la lista della continuità è fissato al 14 marzo, per allora gli imprenditori avranno la squadra completa per cercare di tutelare il loro investimento e scalzare Mediobanca dal ruolo di socio più influente.