Intervista
Io impegnato con un ruolo nel Pd nazionale? Per ora penso solo a fare il presidente. Con Renzi nessuna lite, posso solo ringraziarlo del sostegno
BOLOGNA «Mi si dia atto che sull’autonomia ho ottenuto quanto Lombardia e Veneto senza spendere i 20 milioni del referendum…».
Stefano Bonaccini va all’incasso.
Il presidente dell’Emilia Romagna sventola la firma dell’accordo col governo che impegna anche il prossimo esecutivo (qualunque sia) a fare una legge per garantire maggiori libertà sulla gestione delle competenze all’Emilia Romagna.
Una «giornata storica», la definisce, che termina sul palco di Modena col premier Paolo Gentiloni. Guai però a mettere il governatore, da sempre vicino a Matteo Renzi, sul carro del “popolo del 5 marzo” che lavora ai fianchi il leader dem per farlo smontare anche dalla guida Pd: «Credo che si debba parlare di tutto tranne che di questo.
L’energia va messa nella campagna elettorale».
Bonaccini, intanto lei porta a casa la firma di Palazzo Chigi sull’autonomia della Regione.
Ma non è ancora tutto fumo? Serve ancora una legge.
«Il percorso non è ancora finito. Ma così in là non eravamo mai arrivati.
Non era mai accaduto che si applicasse il percorso dall’articolo 116 della Costituzione. Ora altre Regioni vogliono seguirci».
Lombardia e Veneto sono state costrette a sedersi al tavolo che lei aveva già aperto con Roma. Ha avuto ragione lei? «Premesso che io ho lavorato sempre molto bene con Roberto Maroni e Luca Zaia, rivendico che l’Emilia Romagna abbia ottenuto l’impegno a gestire con maggiore autonomia i fondi su 12 aree di competenza, senza dover fare il referendum. E tenendo ferma la sacralità dell’unità nazionale».
Lei ha vinto diverse battaglie, dai vaccini all’autonomia. Pensa a un impegno anche nazionale, dopo il voto? «No, io sono presidente dell’Emilia Romagna e presidente della Conferenza delle Regioni. É già abbastanza, anche perchè voglio chiudere il mio mandato raggiungendo la piena occupazione». Lo sa che gira voce che lei si sia allontanato da Renzi? È così? «No, tra me e Matteo c’è una grande stima che non è mai cambiata. E gli sono grato per il sostegno che mi ha sempre dato in questi anni».
Ora però c’è un “popolo del 5 marzo” che pensa alla ricostruzione del centrosinistra, e che preferisce Gentiloni a Renzi. Lei da che parte sta? «C’è una discussione in corso in queste settimane, ma con una legge elettorale come il Rosatellum che non prevede l’indicazione del candidato premier non capisco questa corsa a fare nomi di candidati e di premier. Noi abbiamo una squadra di persone competenti, a cominciare dal segretario nazionale. Ora però la priorità è la campagna elettorale».
Renzi dice che non lascerà, nemmeno se il Pd perdesse le politiche. Condivide anche questa scelta? «Credo che di tutto si debba discutere tranne che di quel che si farà o non si farà dopo il voto.
Ripeto: c’è una campagna elettorale».
Stefano Bonaccini va all’incasso.
Il presidente dell’Emilia Romagna sventola la firma dell’accordo col governo che impegna anche il prossimo esecutivo (qualunque sia) a fare una legge per garantire maggiori libertà sulla gestione delle competenze all’Emilia Romagna.
Una «giornata storica», la definisce, che termina sul palco di Modena col premier Paolo Gentiloni. Guai però a mettere il governatore, da sempre vicino a Matteo Renzi, sul carro del “popolo del 5 marzo” che lavora ai fianchi il leader dem per farlo smontare anche dalla guida Pd: «Credo che si debba parlare di tutto tranne che di questo.
L’energia va messa nella campagna elettorale».
Bonaccini, intanto lei porta a casa la firma di Palazzo Chigi sull’autonomia della Regione.
Ma non è ancora tutto fumo? Serve ancora una legge.
«Il percorso non è ancora finito. Ma così in là non eravamo mai arrivati.
Non era mai accaduto che si applicasse il percorso dall’articolo 116 della Costituzione. Ora altre Regioni vogliono seguirci».
Lombardia e Veneto sono state costrette a sedersi al tavolo che lei aveva già aperto con Roma. Ha avuto ragione lei? «Premesso che io ho lavorato sempre molto bene con Roberto Maroni e Luca Zaia, rivendico che l’Emilia Romagna abbia ottenuto l’impegno a gestire con maggiore autonomia i fondi su 12 aree di competenza, senza dover fare il referendum. E tenendo ferma la sacralità dell’unità nazionale».
Lei ha vinto diverse battaglie, dai vaccini all’autonomia. Pensa a un impegno anche nazionale, dopo il voto? «No, io sono presidente dell’Emilia Romagna e presidente della Conferenza delle Regioni. É già abbastanza, anche perchè voglio chiudere il mio mandato raggiungendo la piena occupazione». Lo sa che gira voce che lei si sia allontanato da Renzi? È così? «No, tra me e Matteo c’è una grande stima che non è mai cambiata. E gli sono grato per il sostegno che mi ha sempre dato in questi anni».
Ora però c’è un “popolo del 5 marzo” che pensa alla ricostruzione del centrosinistra, e che preferisce Gentiloni a Renzi. Lei da che parte sta? «C’è una discussione in corso in queste settimane, ma con una legge elettorale come il Rosatellum che non prevede l’indicazione del candidato premier non capisco questa corsa a fare nomi di candidati e di premier. Noi abbiamo una squadra di persone competenti, a cominciare dal segretario nazionale. Ora però la priorità è la campagna elettorale».
Renzi dice che non lascerà, nemmeno se il Pd perdesse le politiche. Condivide anche questa scelta? «Credo che di tutto si debba discutere tranne che di quel che si farà o non si farà dopo il voto.
Ripeto: c’è una campagna elettorale».