Il ragazzo che posta sui social la tragedia siriana: “Fotografo l’orrore, sogno la pace”.

Si chiama Muhammad Najem ed è diventato uno dei simboli del conflitto: “Volevo raccontare che cosa succede a casa mia, attorno a Damasco. Non mi aspettavo certo che il mondo si accorgesse di me a 15 anni”
“Volevo solo raccontare la verità”. Muhammad Najem, 15 anni, è diventato uno dei volti della guerra civile siriana. Lo scorso dicembre ha aperto un profilo su Twitter e iniziato a documentare l’assedio a cui le truppe fedeli al governo hanno sottoposto la Ghouta orientale, grazie a foto e video selfie girati con uno smartphone. “La maggior parte delle immagini le ho riprese vicino casa mia, ad Arbin, una delle zone intorno a Damasco”, spiega Najem a Repubblica.

Ha raccontato i bombardamenti, la progressiva penuria di alimenti e medicine, la morte di amici e parenti. Post dopo post. “Non abbiamo più niente sulla Terra, il mondo guarda mentre ci stanno uccidendo”, ha scritto a marzo. Difficile verificare quanto riportato da Muhammad. La guerra in Siria è anche una guerra di propaganda. Ma le sue parole dure, tradotte in un inglese scolastico, hanno fatto il giro del mondo. Sono state riprese da media internazionali, come Cnn e Al Jazeera, mentre lui è diventato una celebrità social con oltre 25mila seguaci. In Italia, a rilanciarne la storia è stato Roberto Saviano. In queste ore di tensione, che seguono il raid internazionale sulla Siria, Najem ha un solo appello da fare: “Vorrei la fine della guerra. Sogno la pace, per poter tornare a casa e finire gli studi: da grande voglio fare il giornalista”.

Come hai avuto l’idea di usare il cellulare per documentare quanto accade nel tuo paese?
“Volevo solo raccontare la verità. Condividere la mia sofferenza e quella delle persone a me vicine attraverso le immagini. Non ho una macchina fotografica, quindi ho optato per il cellulare. Anche se la qualità non è molto buona”.

In che modo scegli video e foto da pubblicare?
“Ho cercato di riprendere gli attacchi in maniera diretta. Ma la maggior parte delle immagini le ho girate vicino casa mia, ad Arbin, una delle zone rurali intorno a Damasco”.

Ti aspettavi questa popolarità sui social network?
“No, il mio obiettivo era mostrare ciò che sta facendo il regime di Bashar al Assad contro i civili. Tutto quello che è successo dopo non l’avrei mai immaginato”.

Com’è cambiata la tua vita?
“Prima ero un bambino come tanti, vivevo in una bella casa costruita da mio papà che faceva il carpentiere. Poi ho perso tutto: mio padre, la mia casa, scuola e amici. La situazione in cui si trova la Ghouta orientale è indescrivibile. Agli inizi del 2018 il prezzo dei generi alimentari è schizzato alle stelle, tanto che non siamo più riusciti a permetterci il cibo. Abbiamo imparato a convivere con la fame. Inoltre, la caduta di bombe nella nostra zona si è intensificata”.

Che cosa è successo nelle ultime settimane?
“È iniziata una raffica di bombardamenti. Hanno colpito anche gli edifici affollati con ogni tipo di arma. Per un mese intero ci siamo rifugiati in una cantina, senza poter vedere la luce del sole. Quando siamo usciti, ci siamo trovati davanti la distruzione. Tutti sono tornati alla propria casa domandandosi se fosse ancora in piedi o meno”.

Dove ti trovi adesso?
“Con mia mamma e i miei fratelli, mi sono spostato ad Idlib. Non abbiamo più niente, però sto bene e sono felice di essere ancora vivo. Ma non dimenticherò quel che ho passato. È impossibile”.

C’è chi ti attacca dicendo che non vivevi nella Ghouta orientale e non sei siriano. Che cosa rispondi?
“Sono affermazioni false. Sono nato e vissuto nelle campagne di Ghouta, i video che ho girato lo testimoniano. L’arrivo ad Idlib conferma anche la mia identità”.

In queste ore vuoi fare un appello per il tuo paese?
“Vorrei la fine della guerra e la caduta del regime. Non sogno altro che la pace e di poter tornare nella mia città per ricostruire la mia casa e terminare gli studi”.

Che cosa ti piacerebbe fare da grande?
“Il giornalista. Voglio raccontare ciò che mi succede intorno”.

Fonte: La Repubblica, www.repubblica.it/