Bassilichi “Un decreto per dimezzare l’affitto a chi ha dovuto chiudere”

di Maurizio Bologni
«Ho una brutta sensazione, è come se stessimo cercando di fermare il vento con le mani. Invece servono lucidità e freddezza per non essere inutili. È in gioco la nostra economia. Servono decisioni di efficacia immediata», dice Leonardo Bassilichi, presidente della Camera di Commercio di Firenze. In sintesi, Bassilichi, lei vede un futuro nero?
«La situazione attuale è grave. Ma sono convinto che ai prossimi dodici mesi di buio pesto seguirà un periodo di ripresa eccellente, forse torneremo a livelli migliori del pre Covid: ci sarà un rimbalzo importante, ma occorre porre le basi facendo leva su segmenti di resistenza mostrati da alcuni settori.
Penso alle imprese del farmaceutico e della filiera sanitaria, ai terzisti che lavorano in aziende delle suppley chain cinesi, ai restauratori e ai fornitori di arredi per le scuole per fare esempi di nicchia, e soprattutto alle imprese del settore della tecnologia, alle piattaforme digitali: non credo che si incontri crisi se, ad esempio, si va a fare un giro tra le start up dell’incubatore Nana Bianca.
Queste stesse aziende, consapevoli della forbice che si sta allargando, chiedono di poter aiutare le categorie che stanno pagando il prezzo più alto e drammatico».
Pensa a gestori di ristoranti e bar, prima di tutto, giusto?
«Ci sono categorie che stanno perdendo l’80-90% su base annua. A Firenze sono colpiti soprattutto il commercio al dettaglio e il turismo.
Ma anche le palestre. A queste categorie occorre dare risposte di breve termine».
Come?
«Prima di tutto vanno identificate chiaramente in base ai codice Ateco in quelle che non possono lavorare e verso le quali va indirizzato, canalizzato fuori da una logica di aiuti a pioggia, uno sforzo eccezionale e subito efficace».
Quale?
«Le risorse non mancano. Il paradosso è che ci sono disponibili miliardi di euro che non riusciamo a far arrivare alle imprese a causa di una macchina burocratica e di una stratificazione di regole che rendono ogni sforzo inefficace. E allora dobbiamo rovesciare il meccanismo mettendo in tasca subito, oggi, 12 novembre, i soldi a questi imprenditori. Come? Primo, con provvedimenti di legge che stabiliscano l’esenzione dal pagamento di ogni tipo di tassa e imposta locale per questo mese di novembre a vantaggio dei codici Ateco fermi. Inoltre si riduca del 50% l’affitto che pagano. Non si può fare?
E chi lo dice? Così come con Dpcm si chiudono dalla mattina alla sera attività economiche, un decreto legge può stabilire, da subito, blocco di tasse e taglio del pagamento degli affitti. Poi lo Stato rimborserà se stesso, l’Agenzia delle Entrate e le amministrazioni pubbliche periferiche coi soldi che ha a disposizione e non riesce a dare agli imprenditori. Quanto ai proprietari immobiliari, i più lungimiranti hanno già tagliato il prezzo degli affitti, agli altri si imponga per legge. Un colpo alla rendita».
Come dire: i vari pezzi della PA si ammazzino di burocrazia tra di loro, ma intanto esonerino gli imprenditori dai pagamenti. Lo Stato come una sorta di sostituto d’imposta verso se stesso: lo chiameremo il bazooka Bassilichi?
«Lo chiami bazooka, se vuole. Ma non finisce qui. Penso ad una sorta di canone inverso sulle utility. Sempre da subito, da oggi 12 novembre, chiedo alle utility di sospendere la riscossione di tutte le bollette di gas, luce, acqua, rifiuti dai codici Ateco fermi. Stesso meccanismo: si rivarranno sui soldi che lo Stato non riesce a far avere agli imprenditori.
Enel, Eni e gli altri grandi operatori del settore possono aspettare: è inammissibile che si vantino degli utili che stanno facendo mentre le piccole imprese sono allo stremo. Un ultimo provvedimento di legge immediatamente esecutivo: si fissi ad un massimo del 12% le commissioni che il delivery fa pagare agli esercenti per le consegne a domicilio, una percentuale che raggiunge anche il 30% e mette in difficoltà gente provata. Un provvedimento simile lo hanno fatto in California, possiamo farlo anche noi».
Tutto questo non le sembra utopistico?
«No, il contrario, e varrebbe un taglio dei costi alle imprese del 30%.
Sarebbe un atto di semplificazione e di chiarezza utile anche a quei consulenti di azienda e commercialisti che stanno impazzendo nell’interpretazione delle norme. Se vanno in tilt loro, il problema diventa ingestibile. E poi lo dice anche il commissario europeo Gentiloni che servono procedure alternative».
E se anche la Toscana finisse in zona rossa? E se anche le industrie di manifattura e servizi dovessero chiudere come a marzo?
«Chiudere le fabbriche sarebbe assurdo, non sono causa di diffusione dei contagi. Non ci voglio nemmeno pensare ad una chiusura, sarebbe un disastro. Zona rossa o arancione poco cambia. Anzi preferirei fossimo già in zona rossa per accelerare certe azioni».
Quali?
«Dobbiamo migliorarci tutti, imprese e servizi pubblici con investimenti che devono partire senza altri ritardi.
La pubblica amministrazione pensi a procedure straordinarie per realizzare le infrastrutture, dai marciapiede all’alta velocità. Le imprese private si diano una mossa sul modello dei grandi alberghi al mare: chiudono d’inverno, ma in quel periodo fanno investimenti sulla base di un business plan che punta a recuperare tutto con un suplus nei successivi quattro anni di attività.
Solo operando così potremo agganciare la parte alta della curva della ripresa insieme ai cinesi e agli americani».
Come si finanziano questi investimenti?
«Serve private equity, sul modello di quello proposto dalla Fondazione Cassa di risparmio di Firenze. Entri in campo anche Cassa depositi e prestiti, che ha aperto un ufficio a Firenze, per aiutare l’aggregazione e la capitalizzazione delle imprese.
Un’ultima cosa: tante aziende chiuderanno il 2020 in rosso, se a loro le banche applicheranno i più parametri di rating dovranno chiedere a queste aziende di rientrare dai prestiti. È assurdo che ciò avvenga. Ci si pensi per tempo. E si chieda di sospendere per due anni l’applicazione di Basilea 3».
Firenze – la Repubblicafirenze.repubblica.it