Banche, con le regole Bce il credito perde 9 miliardi.

ANDREA GRECO
MILANO.
Quasi 1,4 miliardi di euro di accantonamenti in più dal 2018 per le 10 maggiori banche, e il 12% di utili in meno; stima che cala a 1,25 miliardi nel 2019 e si mantiene simile fino al 2024, per 9-10 miliardi di euro di riserve in più. Tutto denaro sottratto al credito, specie a famiglie e piccole imprese dotate di rating minore, e il rischio di fare degli istituti «meri distributori di credito non garantito – come ha scritto la Sim Equita – perdendo una parte della catena del valore a vantaggio di chi compra e tiene sui libri i prestiti». Cioè i fondi speculativi, che da anni fanno a gara per comprare a prezzo stracciato i crediti in malora del Paese: e che da ieri ritrovano potere negoziale, perché le banche piuttosto che azzerare un credito lo svenderanno.
Come il giorno dopo una sbornia, l’economia italiana prova a valutare i costi dell’ultima scoppola annunciata dalla vigilanza Bce, che nella bozza pubblicata mercoledì e in vigore da gennaio chiederà agli istituti di aumentare e accelerare le riserve a fronte dei cattivi crediti, con una marcia fino al 100% in 2 anni se l’insolvenza è su esposizioni non garantite, in 7 anni se ci sono beni mobili o immobili a garanzia.
La prospettiva conferma la severità dei controllori di Francoforte sull’attività commerciale, tipica dell’Europa periferica, mentre sui rischi di mercato (derivati e attivi illiquidi), che allignano negli istituti del Nord Europa, c’è mitezza. Un atteggiamento legato all’aumento dei crediti malati nel decennio di crisi, ma anche a impostazioni culturali diverse (in tedesco schuld sta per “colpa”, il plurale schulden diventa “debiti”). Resta che l’Italia delle banche, dove 12 euro su 100 prestati sono in mora contro una media Ue stimata da Eba nel 4,5% (dati a giugno), non pensava di meritare altre nerbate in tema, dopo che nel 2017 s’è liberata di 104 miliardi di esposizioni critiche, un multiplo che nel passato. «Le imprese sono estremamente preoccupate – ha scritto Confindustria -. L’addendum Bce contiene previsioni e automatismi che, se confermati, avrebbero un impatto di grande rilievo sui requisiti patrimoniali delle banche, e sul mondo delle imprese con un’ulteriore, ingiustificata stretta del credito ». Matteo Renzi, segretario Pd, è tornato a twittare: «Alcuni dirigenti europei del settore bancario ignorano che il loro compito è EVITARE crisi del credito, non CREARLE. #europasi ‘manoncosi’ #EU», ha messo sul suo profilo. Per il presidente di Abi, Antonio Patuelli, «l’addendum aggiunge macigni alle ennesime regole sui crediti deteriorati, che se non corrette possono avere forti effetti negativi specie sulle Pmi».
A Piazza Affari, come da giorni, si è venduto: anche perché da gennaio le banche italiane battono del 13% le rivali quotate europee, e chi può incassa. Ubi Banca ha perso un altro 1,98%, Bper -1,69%, Popolare Sondrio -0,9%, le altre banche si sono mosse sullo zero. Investitori e analisti comunque sono concordi nel ritenere le nuove regole negative per l’Italia. Per Fidentiis, che ha invitato a concentrarsi sui gruppi solidi, «l’effetto finale sarà la paura di concedere credito e sarà prestato meno ai clienti in difficoltà ». Effetti «potenzialmente negativi » vede Credit Suisse, che teme l’aumento delle coperture sulle inadempienze probabili e i crediti scaduti, oggi coperti in media al 36% e al 26%. Equita, nel ridurre a “neutrale” l’esposizione sulle banche italiane, ha stimato i singoli costi, con Carige, Creval e Sondrio colpite più delle altre, e una redditività media in calo di 60 punti base dal 2018.
Fonte: La Repubblica, www.repubblica.it/