A RENZI NON BASTA PIÙ IL PARTITO AL GUINZAGLIO.

 

NE VUOLE UNO NUOVO
li Matteo Renzi si crede Gesù e dunque il terzo giorno, dopo che domenica le elezioni in Sicilia ne hanno seppellito le ambizioni da premier, pensa di poter risorgere. Respinti al mittente gli inviti a fare un passo indietro («Non arretreremo di uh centimetro», ha dichiarato senza alcuna esitazione in tv, ospite di Giovanni Floris), il segretario del Pd si atteggia a martire, nella speranza di risalire nei sondaggi. La tecnica è piuttosto nota: sostenere di avere tutti contro e quindi presentarsi come il solo in lotta contro l’establishment allo scopo di cambiare qualche cosa. Di questi sistemi l’ex premier ha fatto largo uso sia quando era a Palazzo Chigi, sia prima d’arrivarci. Bisogna riconoscere che all’inizio, cioè quando partì la scalata al potere, il gioco ha funzionato. In molti credettero che il giovanotto toscano avesse intenzione di voltare pagina per scrivere un nuovo capitolo della storia del Paese. In realtà, Renzi voleva sì voltare pagina, ma solo per scrivere la sua di storia, non quella italiana. Difficile (…) segue a pagina 3 Segue dalla prima pagina (…) dunque che stavolta il colpo riesca, anche perché tutte le ultime elezioni hanno dimostrato che la luna di miele con gli italiani si è conclusa da un pezzo. Ciò nonostante, l’ex premier ci prova. Annunciando che Renzi tornerà a fare Renzi, il segretario del Pd sta dicendo che smetterà di indossare i panni dell’agnellino per rimettersi quelli da Rottamatore. Del resto, se i primi gli stavano stretti e lo mostravano impacciato, i secondi gli calzano a pennello. Renzi non sa essere l’uomo che unisce, ma solo l’uomo che rompe. La sua non potrà mai essere una gestione collegiale, ma solo una gestione personale. Non a caso il Pd, un partito erede di una lunga storia e con rigidi cerimoniali, tipo quelli della direzione nazionale e del comitato centrale, oggi è al. suo guinzaglio. Sì certo, ci sono organismi ufficiali come il presidente e l’assemblea nazionale, ma non contano nulla. Matteo Orfini è un presidente che non presiede, ma al massimo risiede in via del Nazareno. E la direzione non dirige niente, figurarsi dunque la linea politica. Non a caso della famosa mozione contro il governatore di Banca d’Italia gli organismi che avevano titolo per decidere e per discutere sono stati tenuti all’oscuro. Il documento ha visto la luce grazie a Matteo Renzi, Maria Elena Boschi e Luca Lotti, il triumvirato che guida il partito. Fuori dalla ristretta cerchia, nessun altro esponente del Pd sapeva dell’attacco a Ignazio Visco. Tuttavia, nonostante questo, cioè nonostante via del Nazareno sia diventato una succursale di Rignano, paese natale di Renzi, al segretario del Pd non basta. Troppe discussioni, non all’interno ma all’esterno, sui giornali. Andrea Orlando che dice la sua sul futuro del partito. Dario Franceschini che senza esporsi fa trapelare il suo orientamento. Michele Emiliano che dalla Puglia non perde occasione per farsi notare. Insomma, Renzi non ne può più del Pd: pensava di aver eliminato i contestatori mandando a quel paese Pier Luigi Bersani e invece se ne ritrova di nuovi e per di più ogni volta sempre più agguerriti a causa delle sconfitte. Che fare dunque? Per non finire cucinato dalla minoranza del partito, l’ex presidente del Consiglio sta pensando di farsene uno nuovo di zecca, senza cioè la minoranza, a cui verrebbe lasciata in eredità la scatola vuota del Pd. L’idea non è nuova, ma copiata da Emmanuel Macron. Il presidente francese nell’aprile del 2016 lasciò l’incarico ministeriale e fondò En marche! E Renzi vorrebbe fare la stessa cosa e mettersi in marcia. L’operazione funzionerà e il segretario del Pd riuscirà a mettersi in marcia per riconquistare Palazzo Chigi? A naso diremmo di no per alcuni motivi. Il principale è che Macron, quando lasciò per fondare il suo movimento, non aveva alle spalle tre anni da premier e quattro da capo di un partito. Agli occhi degli elettori era dunque una figura relativamente nuova e non già logorata da quattro sconfitte. La seconda ragione è che, venendo spesso meno alla parola data, Renzi si è fatto molti nemici e tutti intenzionati a presentargli il conto. La marcia per la resurrezione sembra dunque poco probabile. Del resto, che volete, finora è riuscita a uno solo.
La Verita’.
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