Salvini si avvicina a Casapound. E Maroni si allontana.

Il neofascista Di Stefano: sì a un governo guidato del capo della Lega. Il governatore: la nostra storia non può finire così. E dà l’ok a Tajani
MILANO. Prima insieme, poi divisi, adesso di nuovo vicini: con l’ipotesi di un’intesa post voto su un governo sovranista. Un governo “che ci porta fuori dall’euro e dall’Unione Europea e blocca l’immigrazione”. Che in questi anni tra la Lega di Salvini e CasaPound Italia il feeling non si fosse di fatto mai interrotto, si intuiva. Ora c’è la conferma. A meno di una settimana dalle elezioni l’offerta dei “fascisti del terzo millennio” arriva per bocca del segretario Simone Di Stefano: “Siamo pronti a sostenere un governo Salvini”, ha annunciato ieri a Radio 24 il candidato premier di Cpi. Di Stefano ha spiegato forme e motivi della collaborazione proposta al capo della Lega, che punta a fare il presidente del Consiglio nel caso di vittoria del centrodestra. E ha messo sul tavolo anche delle condizioni. “Dovrebbe essere un governo che non ha Tajani premier e Brunetta all’Economia, ma Salvini premier e un Bagnai all’economia. Noi – ha aggiunto il leader della “tartaruga frecciata” assicurando la fiducia del partito neofascista a un eventuale esecutivo Salvini – siamo pronti a sostenere il governo esternamente. Non vogliamo ministeri, non vogliamo posti da sottosegretario”.

La risposta del numero uno della Lega non si è fatta attendere. Ed è all’insegna dell’apertura: “Dopo il 5 marzo incontrerò tutti. Mi occupo di Lega e di centrodestra, lavoro perché gli italiani scelgano un governo di centrodestra a guida leghista”. Certo: Salvini prende tempo, ma fa capire che le porte, per i camerati, non sono chiuse. Sabato a Milano Lega e CasaPound erano a poche centinaia di metri: mentre in piazza Duomo (dove nel 2014 i due partiti manifestarono insieme contro gli immigrati) Salvini giurava da premier in pectore su Vangelo e Costituzione e con il rosario in mano di fronte a 20mila persone, in largo Beltrami, davanti al Castello Sforzesco, i militanti di Cpi erano radunati per il comzio di Di Stefano e della candidata alla Regione Lombardia, Angela De Rosa. “Difendi Milano”, recitava la scritta sul palco. Il “Matteo” leghista invece ha puntato tutto sul “Prima gli italiani”, non a caso uno degli slogan utilizzati anche dalla tartaruga.

Il ritorno di fiamma sovranista ha provocato reazioni, sia a destra che a sinistra, e anche nella stessa Lega. Da tempo in rotta di collisione con Salvini proprio a causa della svolta nazionale e nazionalista del Carroccio, dopo avere disertato piazza Duomo spiegando a Repubblica che “questa Lega non è più la mia Lega”, il governatore lombardo uscente, Roberto Maroni, ieri ha sganciato altri due siluri con destinatario il “suo” segretario (“ma dopo il voto vedrò a quale nuovo movimento aderire”): il primo affondo riguarda la scritta “Prima il Nord” cancellata dalla foto del corteo di sabato da Rossano Sasso, coordinatore della Lega in Puglia. “La gloriosa storia della Lega Nord non può finire così e non finirà” ha tuonato sui social Maroni ritwittando un messaggio del suo assessore Gianni Fava. “Se si permette a qualche saltafossi dell’ultima ora di rappresentare il movimento annientandone l’essenza politica – ha scritto su Facebook Fava – la cosa diventa ancor più pericolosa. Io continuerò a dire: Prima il Nord!”. Maroni poi ha messo una pietra sul percorso della candidatura a premier di Salvini: a lui – ha detto – preferirebbe di gran lunga Tajani, e cioè il nome proposto da Berlusconi. “Conosco Tajani, gli sono amico e mi farebbe piacere se fosse lui. Certamente sarebbe un ottimo premier”. La nuova polemica Maroni-Salvini arriva, non casualmente, nel giorno dell’endorsement di CasaPound. Che fa discutere nella coalizione di centrodestra. “E’ un problema molto serio”, ha commentato Lorenzo Cesa di Noi con l’Italia-Udc, la gamba centrista dell’alleanza.

Fonte: La Repubblica, www.repubblica.it/