Il seguente articolo appartiene a una serie di interviste “impossibili”, nel senso che non sono mai avvenute veramente (ma sono molto verosimili), apparse anni fa su un magazine online (Dcult.it) che non esiste più. Gli intervistati, all’epoca, erano tutti viventi (come Umberto Eco, Alberto Arbasino e appunto Roberto Calasso). La ripubblichiamo oggi per gentile concessione dell’autore.

Roberto Calasso…

Mi chiami “Signor Adelphi”.

Ma Lei all’Adelphi non c’è mai!

Delego tutto ai miei sottoposti. Io penso. Al limite scrivo.

Per Bobi Bazlen scrivere era meno importante di leggere.

Bobi Bazlen non capiva un cazzo di editoria.

Cos’è l’editoria?

C’est moi!

Lei parla molte lingue?

No, ma sono tradotto in tutte.

Tradurre è un po’ tradire…

Io sono sempre stato fedele. A me stesso.

Di Lei si fidano tutti: ogni nuovo editore che nasce, dice che vorrebbe fondare una piccola Adelphi…

E infatti falliscono. L’imitazione è il prologo del fallimento, e il fallimento l’epilogo dell’orgoglio.

Filosofia vedica?

No, un vecchio detto di mio nonno, Ernesto. Codignola, conosce?

La conoscenza: che cosa può soltanto essere la conoscenza? “Interpretazione, non spiegazione”. Lo ha detto Friedrich Nietzsche.

Un tedesco… Mah… Dalla Mitteleuropa non è mai venuto niente di buono.

Il buono è figlio del bello?

Io non sono buono. Non mi sopporta nessuno. Ma piaccio.

E cosa Le piace?

Pubblicare i libri che mi piacciono.

Nomi?

Simenon, Chatwin, Borges, Céline, Cioran, Jünger, Nabokov, Brodskij, Joseph Roth, Croce, Carlo Emilio Gadda, Landolfi…

Sono tutti di destra.

La cultura è tutta di destra. La sinistra al massimo pubblica da Einaudi.

Che tipo era Einaudi?

Un buon editore, ma non fu mai un lettore, né ebbe mai conoscenze profonde in alcun campo; fu un autocrate che si affidò il compito di educare il popolo della Sinistra. Adelphi nacque perché nel catalogo Einaudi mancava una vasta parte dell’essenziale.

Einaudi pubblicò l’essenziale Enciclopedia Einaudi…

L’ultimo monumento del sovietismo … perché sovietica era la pretesa, implicita nell’opera, di offrire la versione corretta di come si debba pensare.

E Lei, Calasso: cosa pensa?

Di solito non penso, medito.

Su cosa?

Su tutto, dall’aleph all’Adelphi

Lei non si autocelebra mai, non racconta la sua Adelphi come un’avventura che ha qualcosa di speciale e di meraviglioso. Di unico…

Io pubblico solo autori che sono unici. E stampo solo libri irripetibili.

Si ripete spesso che la sua Adelphi sia troppo snob…

Adelphi è una parete di montagna che ogni lettore affronta in una maniera diversa. Come racconta René Daumal nel Monte Analogo, che ho scoperto io, il punto è guardare le cose dall’alto, per poi ridiscendere, ricordando quel che si è visto dalla cima. E quello che si vede, là sotto, di solito fa schifo.

Altri ripetono spesso che Adelphi sia troppo commerciale…

Nessun editore stampa libri soltanto per guadagnare. Io pubblico libri per cambiare il mondo, o almeno renderlo più tollerabile. E comunque la Mondadori di Berlusconi mi fa cagare.

La Mondadori voleva comprarla.

Piuttosto brucio tutta la mia biblioteca personale. La vede? Vede quanti libri? Li brucio!

Quanti libri… ma saranno trenta… quarantamila… Cinquantamila? … Li ha letti tutti?

Me ne mancano due.

A proposito di dualità. Adelphi in greco significa “fratellanza”, e indica la comunanza d’intenti tra i soci fondatori…

Ricordo quando Luciano Foà lasciò l’Einaudi e venne a Milano per fondare l’Adelphi con Bazlen e Roberto Olivetti… Si stimavano molto…

Foà se ne andò da Torino perché Einaudi non voleva pubblicare certi scritti di Nietzsche…

E allora Foà decise di andarsene, chiamò Bazlen e Olivetti e gli disse: “Allora, gliele strappiamo le piume a quello Struzzo di merda, sì o no?”… e si fondò l’Adelphi. Bei tempi, a pensarci…

Roberto Calasso, cos’è il pensiero?

Ciò che mette in risalto le contraddizioni irrisolvibili della modernità.

Parliamo delle contraddizioni di un editore colto e raffinato condannato a vivere in un’epoca volgare e analfabeta.

Alfabetaha fatto il suo tempo. E Umberto Eco mi stava anche sul cazzo. Mai letto.

Ecco, leggere… Chi è il lettore migliore?

Non è quello che sceglie un autore e lo legge, ma quello che aspetta e lo scopre al momento giusto. Cioè quando lo ripubblico io.

E l’editore migliore?

Quello che prova piacere a leggere i libri che pubblica. Cioè io. E se li fa ricoprire in pergamino dai suoi collaboratori.

Una volta un suo storico collaboratore, Antonio Gnoli, ha detto che…

“La gnosi? Conosco bene. Viene sempre prima della Fede”.

No, non gnosi. Gnoli, Antonio… Un suo collaboratore…

Io non collaboro. Decido e basta.