C’è un episodio che fa capire molto del carattere di Luca Zaia. “Mi ha chiamato il ministro Francesco Boccia. Era per farmi i complimenti. Invece io gli ho detto: pensavo volessi darmi notizie sull’autonomia…”, ha raccontato lui stesso.Questo per dire che il governatore veneto è uno che non molla mai, continua a battere sul tema che più gli sta a cuore: l’autonomia, appunto. Che, insieme al gradimento acquisito durante l’emergenza Covid, gli ha consentito non solo di essere rieletto col 76,8%, ma di arrivare con la sua lista al 45%, ovvero 915 mila voti, con la Lega che in tutte le 6 regioni ne ha ottenuti 1 milione e 237 mila. “Vinco perché governo e non vado per comizi”, le sue prime parole, suonate come una stoccata a Matteo Salvini. Che infatti non ha gradito.

I due non si sono nemmeno sentiti al telefono: congratulazioni via messaggio e stop. E se in superficie tutto viene edulcorato da frasi di circostanza come “la leadership del partito non m’interessa” (Zaia), sotto i coltelli volano come nei film orientali. Intendiamoci, per ora il “governador” non sfiderà il Capitano: gli basterà stare fermo e contemplare i suoi errori per accrescere consensi. Ma domani chissà. Potrebbero essere gli stessi leghisti a chiederglielo. “Al momento la leadership di Salvini non è in discussione. Ma c’è un dibattito interno e discutere fa sempre bene”, afferma Eduardo Rixi. Parole impensabili fino a qualche tempo fa, segno che qualche crepa nel monolite leghista si sta aprendo. “Nel partito si discute sul perché in Toscana si è andati così al di sotto delle aspettative…”, racconta una fonte del Carroccio. La sconfitta di Susanna Ceccardi brucia. “Questo è il risultato quando sul territorio hai gente senza appeal e senza voti”, fa notare il dissidente Gianluca Pini. Critico anche l’ex ministro Roberto Castelli. “Vero che la Lega è il primo partito, ma ha perso il 10% rispetto alle Europee…”. E nel mirino finisce pure il deputato Daniele Belotti, che da Bergamo è stato paracadutato a fare il commissario in Toscana.

Ma il Capitano è sotto attacco anche dall’esterno. Ieri, infatti, sono volati stracci tra Lega e FdI, con accuse reciproche. Secondo i meloniani, anche alla luce del voto in Emilia, in Toscana “bisognava scegliere una candidatura più inclusiva, in grado di intercettare quel malcontento che a sinistra era forte”. Insomma, Giani era battibile, ma non con la Ceccardi, magari con un nome della società civile, “un Guazzaloca della situazione”. Al contempo i leghisti si scagliano contro la scelta di Raffaele Fitto in Puglia. “Bisognava mettere in campo qualcosa di nuovo”, osserva Massimiliano Fedriga. Salvini lo sapeva, dato che nei suoi (pochi) comizi pugliesi non ha mai pronunciato il nome del candidato. “Emiliano è forte perché prende voti anche a destra e ha sfruttato l’emergenza Covid”, la replica di Fdi.

Fitto, però, nonostante la sconfitta porta a casa 8 consiglieri sui 9 eletti di FdI. Con molti maldipancia da parte dei meloniani pugliesi, rimasti quasi a bocca asciutta, nonostante i voti più che raddoppiati. E a far innervosire Giorgia Meloni ieri ci ha pensato pure Marine Le Pen, che ha fatto i complimenti a Salvini “per aver conquistato le Marche, bastione storico della sinistra”.