Zaia in rotta con Salvini su Covid e mascherine Gli attriti con Giorgetti

Il negazionismo fa infuriare il governatore. L’ex braccio destro: per lui dico cose sbagliate, ma poi si avverano. Il segretario rivendica la leadership del centrodestra e rimprovera Conte
— -c.l.
MILANO MARITTIMA – È il leader del futuro che il popolo leghista attende come profeta, in questi tempi di sventura. Partito dal Papeete Matteo Salvini, stasera tocca a Luca Zaia chiudere la festa nella vicina Cervia. I due non si incrociano e non si prendono da tempo. Il governatore veneto è l’antagonista silente che non condivide ormai nulla della strategia del suo leader. Furibondo, raccontano i suoi, per le teorie “negazioniste”, il lassismo sulle mascherine e gli inviti del segretario a superare l’emergenza. Proprio mentre il “Doge” in Veneto non toglie mai la protezione dal viso, e ha pronto in un cassetto sotto chiave il decreto con nuove misure restrittive, se la situazione dei contagi dovesse precipitare. In rotta i due lo sono su voto a settembre, Mes, commissariamento del partito in Veneto con un salviniano e tanto altro. Zaia, nonostante le tentazioni, non diserterà la festa. E da buon lega-democristiano, non dichiarerà certo guerra a “Matteo”.
Chi invece si è limitato ieri sera a un collegamento col palco di Cervia, è il numero due del partito, Giancarlo Giorgetti. Riemerso anche lui dopo mesi di attriti col segretario. «Mi rimprovera sempre di dire le cose sbagliate ma poi avvengono puntualmente», si lamenta l’ex sottosegretario in privato. In video, saluta i militanti e racconta cosa c’è dietro la sua ritrosia a presidiare le prime linee: «Da bambino in porta paravo i tiri degli altri». Rimpianti? «Dietro l’alleanza M5S-Lega c’era una voglia di cambiamento che purtroppo si è infranta. Ma noi al governo ci torniamo». Con elezioni? Niente larghe intese? gli chiede Maria Latella. «Eravamo pronti a dare un contributo in questa fase, non hanno colto il senso storico del momento. Quando tra qualche mese il governo si troverà in grandissima difficoltà e chiederà aiuto, a quel punto l’opposizione dirà: non avete voluto la nostra mano, ora si torni al voto». Perché cresce Giorgia Meloni, a discapito della Lega? «Pare che ci stia togliendo dei consensi – ammette Giorgetti – Ma i sondaggi sono costruiti sulla sabbia. Quello ci sarà il 20-21 settembre, col voto in sei regioni. Se vinciamo noi il governo dovrà prenderne atto. Potremmo finire tra il 4-2 al 5-1 per noi. Ma non dobbiamo sbagliare niente». Immigrazione come unico tema non basta, come dice Lorenzo Fontana? «Non basta, ha ragione». Mascherina? «Sì, con giudizio, se gli altri vogliono che io la indossi, la indosso». In quale circostanza lascerebbe la Lega? «Se Salvini rinunciasse al principio dell’autodeterminazione dei popoli, non sarebbe più casa mia». Quanto dura il governo Conte? «Fin quando quelli che vogliono fare i presidenti della Repubblica non decideranno di liquidarlo » . Zaia e Giorgetti, le due scialuppe di salvataggio per il popolo leghista. Salvini, partito nel pomeriggio dopo l’ultimo bagno al Papeete, non vuole sentir parlare di leadership in crisi, di rincorsa di Meloni: «La decidono gli elettori il giorno del voto e la Lega è ampiamente il primo partito », dice a Skytg24 prima di andare. Sostiene di trovarsi davanti a un «plotone di esecuzione» politico- giudiziario e di essere pronto a eleggere un presidente della Repubblica «di garanzia» con il M5S, tra due anni. Dal suo staff rivelano che solo ieri sono stati recapitati allo studio di Giulia Bongiorno i documenti richiesti sul caso Gregoretti e che Palazzo Chigi sosteneva di aver spedito un mese fa: «Gli uffici del premier avevano spedito il materiale a un indirizzo sbagliato», dimostrano dalla Lega. Salvini sostiene che chiuderà il tesseramento 2020 (il termine è oggi) con «il record di 200 mila iscritti ». È la risposta all’inchiesta di
Repubblica
dalla quale è emerso come il 30% degli iscritti alla Lega Nord non ha aderito alla nuova Lega per Salvini premier. Dato, questo, non smentito dal segretario. Il Nord gli sta voltando le spalle, rilancia il sindaco di Bergamo Giorgio Gori: «Davanti al Pd c’è l’occasione della vita, farsi rappresentanza della parte più moderna ed europea del Paese. Ci vogliamo provare?».
www.repubblica.it