Xi cambia la Costituzione e s’incorona imperatore a vita.

 Via il tetto dei due mandati presidenziali: con 2958 voti a favore, due contrari e tre astenuti L’obiettivo, una Cina “moderna” come gli Usa entro il 2035. Ma senza voci critiche
PECHINO. Al momento del voto parte la musica. Un motivo della tradizionale cinese, Bu bu gao, “a ogni passo più in alto”. Xi Jinping cammina verso l’urna rossa al centro del palco e deposita la scheda a favore dei fotografi. La Grande sala del Popolo si scioglie in un applauso, ora è il turno degli altri 3 mila delegati, in processione verso le 28 urne distribuite tra i banchi. Se questo è l’istante della consacrazione, quello per cui lavora da mesi nelle segrete stanze del Partito, quello che gli garantirà un potere senza precedenti in Cina e forse nel mondo, Xi non lo mostra. Scambia due parole con Li Zhanshu, il fedelissimo seduto alla sua destra, sorride. Se teme imprevisti, qualche voto contrario di troppo, non lo fa trasparire.

Ma non va storto nulla. Dopo pochi minuti per il conteggio elettronico, il presidente dell’Assemblea nazionale proclama: 2958 a favore, due contro, tre astenuti. L’applauso stavolta è fragoroso. L’Assemblea, il parlamento cinese, approva le modifiche alla Costituzione volute da Xi ossia, secondo la versione ufficiale, proposte dal Partito. Via il limite dei due mandati presidenziali introdotto per scongiurare nuovi potenziali Mao: Xi potrà restare oltre il 2023, anche a vita, sommando il ruolo a quelli di segretario del Partito e capo dell’esercito. Il suo “socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era” viene scolpito nel preambolo della carta fondamentale, a fianco al pensiero di Mao. Inizia una nuova Cina, con una prova di forza disarmante: mai modifiche alla Costituzione erano state proposte con così poco anticipo, mai così pochi voti contrari.

Xi Jinping

“La macchina del Partito è stata molto efficace nel fare in modo che i delegati facessero quanto richiesto”, dice Steve Tsang, direttore del Soas China Institute dell’Università di Londra. Bastava guardarli arrivare, ieri pomeriggio alla Grande sala affacciata su Piazza Tienanmen. Tutti con la stessa identica borsetta nera appoggiata sul rullo dei raggi x ai controlli di sicurezza, con dentro gli emendamenti da studiare e approvare. Proviamo a fermarli, alcuni ignorano, altri sorridono e dribblano. Alla fine, per tutti risponde un delegato del Guangdong, estremo Sud della Cina: “È la cosa migliore per il popolo”.

Se c’erano voci dissonanti, dentro o fuori dalle gerarchie, ieri non hanno parlato. “Non mi stupisce – ci dice via Twitter l’attivista Zhao Sile – il prezzo ora sarebbe troppo alto e scontato, sarebbero arrestati”. Pure ieri la censura ha fatto il suo: su Weibo, il Twitter cinese, le migliaia di commenti alla notizia del voto sono stati oscurati. Molti utenti si sono limitati a un “eh eh”, la sfumatura più ambigua e sarcastica di risata.

Delegati appartenenti a diverse minoranze etniche cinesi arrivano all’Assemblea del popolo

Così resta solo la lettura approvata di giornali e tv: per il rinascimento della Cina, il marchio che Xi ha messo alla sua missione, serve una leadership compatta. Ecco allora le altre modifiche approvate ieri. Viene rafforzato il ruolo guida del partito, “caratteristica fondamentale” del socialismo cinese. E il suo organo interno di ispezione, quello con cui Xi ha stanato corrotti e oppositori, allarga lo sguardo a tutto lo Stato: professori, medici, giudici, manager pubblici. “La Costituzione è fondamentale”, aveva detto qualche giorno fa il segretario. Per questo l’ha cambiata: sopra la legge c’è il Partito. E al “nucleo” del Partito lui, che fra dieci giorni chiuderà in trionfo i lavori di questa Assemblea.

Poster con i ritratti di Xi e di Mao e loro citazioni

A 64 anni Xi si è conquistato l’orizzonte, il tempo necessario a portare avanti il suo progetto. Rendere la Cina nel 2021 una “società moderatamente prospera”, e nel 2035 compiutamente “moderna”, al livello degli Stati Uniti. Le riforme che dovrà introdurre però camminano su un filo sottile: alimentare la crescita con massicce dosi di innovazione, ma sgonfiare bolle finanziarie, diseguaglianze e squilibri ambientali, le crepe che potrebbero rovinare la luna di miele con la nuova sconfinata classe media del Paese. “Da ieri Xi ha ridotto così tanto i margini del dibattito politico interno che nessuno oserà più suggerirgli strade diverse”, prova a obiettare Tsang. “Probabile che questo porti a scelte sbagliate”. Troppo potente per il suo stesso bene? Solo i prossimi anni ce lo potranno dire.

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