Walter Benjamin dramma attuale

 

 

L’esilio di Walter Benjamin era iniziato nel marzo del 1933 con la decisione di lasciare Berlino per Parigi. All’amico Gershom Scholem, il filosofo ebreo aveva spiegato che al momento era riuscito a sottrarsi alle persecuzioni hitleriane, ma che per lui non vi erano più possibilità di continuare a svolgere le sue attività di scrittore e traduttore. Pur in una precaria situazione economica, l’esilio francese aveva consentito per alcuni anni a Benjamin di dedicarsi alle sue ricerche. Questa parziale tranquillità fu interrotta nel 1939 dall’invasione nazista della Polonia e dalla entrata in guerra della Francia. Benjamin, già privato della cittadinanza del Reich, si trovò nella condizione di apolide in attesa di naturalizzazione. Come tutti gli esuli tedeschi venne considerato «straniero indesiderabile» e rinchiuso con altre migliaia di persone, per una decina di giorni, nello stadio olimpico di Yves-du-Manoir, nei pressi di Parigi e da qui trasferito nel campo d’internamento di Vernuche, nella Loira settentrionale. A metà di novembre del 1939, grazie all’intervento di alcuni esponenti della cultura francese, Benjamin riuscì a lasciare il campo. Tornato in libertà, rientrò nella capitale, riuscì a riprendere il lavoro su I «passages» di Parigi (opera rimasta incompiuta) e iniziò la stesura del suo ultimo scritto: le Tesi sul concetto di storia. In quei mesi le sue condizioni di salute si erano aggravate (soffriva di un’acuta insufficienza cardiaca) e in lui era cresciuta la consapevolezza dei rischi che stava correndo.

Benjamin abbandonò Parigi quando i nazisti erano alle porte. L’occupazione cambiò radicalmente le prospettive di molti esuli; intrappolati nel Paese che aveva dato loro una speranza di libertà, furono costretti a cercare una via di fuga. L’intellettuale tedesco lasciò Parigi agli inizi di giugno del 1940 e si diresse in treno a Lourdes per incontrare la sorella Dora: dopo alcune settimane, ottenuto un visto, Benjamin partì alla volta di Marsiglia con l’obiettivo di ottenere un permesso per il transito in Spagna e in Portogallo. Attese invano per giorni di ottenere il documento per passare la frontiera e poi decise di dirigersi verso il confine spagnolo unendosi a Henny Gurland e al figlio adolescente di questa donna conosciuta a Marsiglia. I tre raggiunsero il confine in treno e poi iniziarono una lunga marcia a piedi per valicare i Pirenei. Entrato in territorio spagnolo, il 25 settembre 1940 Benjamin fu fermato per la mancanza del permesso che aveva invano atteso a Marsiglia. Fu accompagnato per la notte in un albergo del vicino paese di Portbou. Provato dalla fatica e avendo perso ogni speranza, il giorno dopo si suicidò ingerendo una forte dose di morfina. È una storia di ottant’anni fa, ma assomiglia a quelle che ogni giorno passano sotto i nostri occhi.

 

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