Urne sul filo di Guido Olimpio.

Le prime elezioni dopo nove anni (nella foto Ap, un manifesto dell’elezioni di 9 anni fa che invita gli abitanti di Beirut a votare). Un voto il cui significato supera i confini nazionali. Domani il Libano va alle urne per rinnovare il parlamento e cercare – se mai sia possibile – una stabilità. Il movimento pro iraniano sciita Hezbollah potrebbe fare un nuovo balzo in avanti confermandosi la forza più importante. Del resto è compatto, ben organizzato sul piano sociale, dispone di un braccio armato cresciuto dopo anni di conflitti con Israele e più di recente in Siria al fianco di Assad e dei russi. Al tempo stesso il nuovo sistema elettorale lascia margini di incertezza. I libanesi vogliono «crescere», ma temono che proprio la guerra siriana insieme al confronto Iran-Israele possa respingerli verso l’abisso. In un recente viaggio nella regione sud, dove operano tra l’altro i caschi blu italiani, abbiamo colto la determinazione dei protagonisti locali di evitare il peggio. Ma il rischio è sempre lo stesso: che le tensioni esterne si saldino con le divisioni interne. Teheran, Riad, Gerusalemme, ogni capitale ha le sue «azioni». Se i libanesi hanno sofferto per decenni è anche colpa delle intromissioni straniere. A questo si aggiungono problemi cronici. Disoccupazione, corruzione, strutture deboli e il peso dei rifugiati. Oltre ai palestinesi, che sopravvivono qui da anni, c’è quasi un milione di profughi siriani.

 

 

Fonte: Corriere della Sera, www.corriere.it/