Editoriale tratto da Il Sole 24 Ore a firma di Paolo Bricco
Il meccanismo industriale europeo si è riattivato. Quello italiano, no. I dati Eurostat sono chiari. La Germania macina – continua a macinare, visto che ha azzerato del tutto ormai da quattro anni la voragine originata dalla Grande Crisi del 2008 – fatturato e utili, distribuisce dividendi e crea posti di lavoro. La Francia, che in questi anni ha avuto per noi una funzione consolatoria perché in molti comparti manifatturieri ha arrancato di più, ha rimesso in moto una economia semi-statale che ha ostinatamente perseverato nel culto della grande impresa e una economia privata assistita dalla mano pubblica e strenuamente aggrappata alla stessa dimensione di impresa.
L’Italia, invece, resta nel fossato profondo scavato nel nostro Paese – e nelle economie strutturalmente più deboli – dalla crisi finanziaria di dieci anni fa, che si è fatta disagio industriale e malessere sociale, fino a condurre all’attuale poco aurea mediocritas. Da questo fossato, l’Italia prova a uscire: si aggrappa alle sterpaglie, mette un sasso sull’altro e tenta di salirci sopra, riesce a fare spuntare il naso per annusare il profumo della crescita vera, non quella da zerovirgolaqualcosa, ma poi torna a cadere.