Una coop di tutti per salvare Petroio «Albergo diffuso nelle case vuote»

Metà abitanti e otto associazioni contro l’abbandono. La Regione finanzia il recupero

Giulia Maestrini

 

TREQUANDA (SIENA) Già 149 cittadini e 8 tra imprese e associazioni hanno aderito al progetto di cooperativa di comunità: praticamente metà dei residenti ha deciso di impegnarsi per il paese, per cacciare lo spettro dell’abbandono. Siamo a Petroio, borgo-castello arrampicato su una collina che s’incastra tra la Valdichiana e la Valdorcia, Comune di Trequanda, provincia di Siena. Un paese arroccato intorno a una strada ripida che sale come una spirale verso la torre civica e il cassero; lungo le vie strette e gli archi e le scalette in saliscendi, palazzi nobili e vecchie case; la chiesa dei Santi Pietro e Paolo (dove è custodita una tavola di Taddeo Di Bartolo), poi la dimora che fu di Bartolomeo Garosi detto il Brandano, asceta, predicatore e profeta medievale che percorse questa terra ripetendo motti e profezie in cui inveiva contro papi e re. Proprio il Palazzo Brandano, oggi di proprietà pubblica, è un tassello di quel progetto — appena finanziato dalla Regione Toscana insieme ad altri 24 — con cui la cooperativa di comunità mira a rivitalizzare l’antico borgo: lì dovrebbe riaprire l’albergo ristorante, mentre uno spazio di coworking con wi-fi e le funzioni di ufficio turistico favorirà nuove professioni.

L’obiettivo è creare e gestire un albergo diffuso recuperando gli edifici vuoti e un piccolo negozio di artigianato locale; residenti e imprese si sono messi a lavoro insieme, per organizzare e convogliare nella cooperativa di comunità quelle esperienze volontaristiche e associazionistiche che già stavano agendo per salvaguardare Petroio. Hanno già evitato la chiusura dell’unico bar in piazza San Pietro, che qui chiamano piazza Padelle senza che ormai nessuno sappia più bene perché, faranno lo stesso con lo spaccio alimentare. Poi si punterà a organizzare spazi e servizi per la salute, l’aiuto agli anziani o il mercato di prodotti agricoli e, infine, a gestire il Museo della Terracotta, oggi tenuto aperto dai volontari. Perché in questo borgo affascinante — 300 residenti e un solo nato nel 2018 — che è costruito quasi tutto di arenaria, la terracotta si fa da sempre. Una volta, si racconta, ogni famiglia aveva le mani sul tornio, realizzava e vendeva artigianato; oggi quella tradizione è scesa a valle, attualizzata dalle aziende che usano quei materiali con tecnologie moderne.

Con i finanziamenti regionali, afferma il sindaco di Trequanda Roberto Machetti, «si è concluso positivamente un percorso avviato con l’intento di recuperare posti di lavoro, valorizzare le tradizioni locali, puntando su artigianato e accoglienza».

Le opportunità ci sono, il senso d’appartenenza della popolazione pure. «La prospettiva fondamentale — aggiunge il sindaco — è quella di reinvestire gli utili nel bene comune e nei vantaggi per la comunità per trattenere i residenti: dobbiamo sfruttare l’energia positiva del campanile che è l’essenza stessa della Toscana».

 

Fonte: Corriere Fiorentino, https://corrierefiorentino.corriere.it/