UN PASTICCIO CHE ESPONE IL GOVERNO ALLE CRITICHE.

di Massimo Franco

È difficile pensare che il caso della Campania si risolva con un nulla di fatto. L’idea di mantenere in carica il presidente Vincenzo De Luca, condannato in primo grado, interpretando o cambiando la legge Severino che ne determinerebbe la sospensione, è a rischio per Matteo Renzi: sebbene se ne intravedano le lacune. E non solo per gli attacchi delle opposizioni, che evocano le leggi ad personam del periodo berlusconiano . Il temporeggiamento si abbina a quello sul sostegno o meno al sindaco di Roma, Ignazio Marino: tutte questioni interne al Pd. Lo scontro sfiora perfino un’icona come il presidente dell’Autorità anticorruzione, Raffaele Cantone. Ieri Cantone è stato costretto a replicare al Movimento 5 Stelle, che lo ha definito un «testimonial del Pd», imputandogli di avere aperto la strada alle modifiche della Severino per favorire quel partito. C’è dunque da aspettarsi che la giunta campana rimanga un elemento permanente di polemica, se non di imbarazzo, sullo sfondo di rapporti politici e parlamentari avvelenati. L’accusa di usare un doppio standard, uno per gli alleati e l’altro per gli avversari, rimbalza contro Palazzo Chigi. E può diventare un’arma impropria: tanto più che De Luca annuncia di avere mandato a Renzi un parere, secondo il quale le norme non si applicano al suo caso. Motivo addotto: l’elezione è successiva alla sentenza. Ma il fatto che l’iniziativa sia partita dal governatore espone Palazzo Chigi. FI già parla di «abuso d’ufficio» del premier, al quale toccherebbe sospendere De Luca. E chiede alla Procura di intervenire subito. In realtà, quanto avviene è l’epilogo di una sequela di errori commessi da quando sono state fatte le primarie. E ora, uscirne è difficile. Renzi ha in parte subìto queste dinamiche. Ed è costretto a barcamenarsi tra Campidoglio, emergenza immigrati, scuola e sentenza della Consulta sul pubblico impiego: la Campania, per lui, non è una preoccupazione prioritaria. Ritiene che decidere rapidamente su De Luca gli apra più problemi di quanti non gliene risolva. D’altronde, ieri l’Antitrust ha negato un conflitto di interessi tra Renzi premier e segretario del Pd; e si è dichiarata incompetente sul caso De Luca. Sono dettagli che confermano la scivolosità delle norme, e un’esitazione diffusa a dare risposte nette.
La domanda è se, nonostante questo, il governo sottovaluti l’impatto negativo che la vicenda ha avuto in campagna elettorale. Non è escluso che possa produrre altri contraccolpi se nei prossimi mesi non sarà trovata una soluzione convincente. La parola definitiva spetta alla magistratura ordinaria. E dunque si suppone che passeranno mesi, se anche dovesse pronunciarsi per la sospensione di De Luca. Pare di capire che nel frattempo la Campania sarà governata come se niente fosse: col rischio che una sentenza negativa invalidi l’attività del presidente. Un brutto pasticcio.