UN GOVERNO INTRAPPOLATO NELLA RETORICA ELETTORALE.

 

La Nota
Le incognite Gli attacchi a Draghi mostrano l’ignoranza sui rischi dello spread e l’incapacità di capire quali sono i veri avversari
La domanda è come sarà possibile cercare una mediazione con l’Europa, nel momento in cui se ne dovessero creare le condizioni. La violenza verbale tra la maggioranza di governo M5S-Lega e le istituzioni di Bruxelles è tale da prefigurare rapporti avvelenati. Se a questo si aggiungono gli attacchi perfino contro il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, accusato dal vicepremier Luigi Di Maio di «avvelenare il clima», c’è da preoccuparsi. Invece di considerarlo una delle risorse residue per spezzare l’accerchiamento, Draghi viene bersagliato come capro espiatorio di una manovra bocciata da tutti. Che a criticarlo sia un ministro come Paolo Savona, noto per le posizioni pregiudiziali e ostili al presidente della Bce, è scontato e poco rilevante. Ma quando a farlo è il leader dei Cinque Stelle, e in giorni in cui i vertici della Commissione Ue martellano il governo italiano, si profila una frattura preoccupante: se non altro perché emergono nella loro interezza l’ignoranza dei rischi che l’Italia corre; e l’incapacità di capire quali sono i nostri punti fermi internazionali, e dunque anche gli avversari. A prevalere è la retorica elettorale: quella che fa dire a Di Maio: «Siamo in un momento in cui dobbiamo tifare Italia». E ancora: «Vedo in ministri di altri Paesi, come quelli tedeschi, più rispetto per quello che stiamo facendo che dal capo della Bce». Il fatto che l’altro vicepremier, il leghista Matteo Salvini, non segua Di Maio in questo attacco personale, potrebbe essere un buon segnale. Ma Salvini ripete che l’esecutivo «non tornerà indietro». E sogna «un’Europa bella in cui i governi possano spendere i loro soldi». Difficile uscire da questa trappola costruita sul filo della propaganda, che tratta lo spread come una montatura politica. Viene da pensare che, così come l’esecutivo M5S-Lega ha forzato la sfida con Bruxelles per farsi bocciare la manovra economica, ora alzi il tiro per accentuare lo scontro. Tuttavia, la durezza dei commissari francesi e nordeuropei, e i paragoni con la Grecia, dovrebbero suggerire cautela. Nell’Ue ci sono forze alle quali non dispiace vedere un’Italia sempre più ai margini. Di Maio e Salvini rischiano di essere oggettivamente loro alleati. D’altronde, M5S e Lega pensano che chi li attacca li aiuterà elettoralmente. Ma questa deriva può reggere se resistono il sistema bancario e la situazione internazionale. Altrimenti, potrebbe riemergere la tentazione o affacciarsi l’inevitabilità di uscire dalle difficoltà con la scorciatoia elettorale. Attaccare Draghi sembra indicare una strada senza ritorno; e creare le condizioni, anche senza volerlo, per tornare presto alle urne, sebbene la maggioranza veda il 2023 come traguardo del governo. O forse proprio per questo.
Corriere della Sera. https://www.corriere.it/