Ecco come Roma è diventata il cavallo di Troia di Trump e Putin contro l’Europa.

 

Il caso
pagina 8 La telefonata di Donald Trump a Giuseppe Conte per felicitarlo della linea dura sull’immigrazione.
Le lodi al governo italiano da parte di Vladimir Putin. Le teorie di Steve Bannon sulla centralità di Roma nell’avanzata dei sovranismi. Si moltiplicano i segnali su una nuova collocazione geopolitica dell’Italia, uno strappo rispetto alla tradizione del dopoguerra. Da membro del nucleo originario dei fondatori della Comunità (solo sei) a cavallo di Troia per indebolire l’Unione europea. L’Italia come junior partner in una triangolazione nuova, le cui altre due punte sono Washington e Mosca, interessate per ragioni diverse a destabilizzare la vecchia Europa, cominciando da Angela Merkel.
LE ULTIME MOSSE DI TRUMP Il presidente americano ha le idee chiare anche quando sembra uno sfascia-tutto. Ha appena annunciato che gli Stati Uniti sono pronti a lasciare il trattato di limitazione delle armi nucleari a gittata intermedia, firmato nel 1987 da Reagan-Gorbaciov per fermare la corsa al riarmo soprattutto sul teatro del Vecchio continente (euromissili). È disposto a rimettere la questione sul tavolo l’11 novembre, annunciando che quel giorno può incontrare Putin a Parigi. Tutte mosse che ignorano ogni consuetudine di consultazione preventiva con gli alleati europei: come non esistessero.
MEDITERRANEO=MESSICO Mancano 11 giorni all’elezione legislativa, Trump tenta una rimonta per contenere l’avanzata democratica. Sceglie questo momento per una telefonata calorosa a Conte, che riassume su Twitter: «L’Italia sta adottando una linea molto dura sulla immigrazione illegale e io sono d’accordo al 100 per cento».
Tempismo calcolato. In questi giorni Trump ha ricevuto per così dire un regalo insperato per la sua campagna elettorale. È la carovana di profughi partita dall’Honduras, che traversa il Messico e punta al confine con gli Usa. L’enfasi di chi sostiene la carovana aiuta il presidente: il suo elettorato vede lo spettro dell’invasione, di una sinistra che spalanca le frontiere a chiunque voglia entrare. Il parallelismo: il Centramerica come il Nordafrica, i confini minacciati da chi incoraggia l’illegalità dei passaggi clandestini.
I PRECEDENTI Le manifestazioni di appoggio da Trump a Conte sono sistematiche fin dall’insediamento di questo governo italiano. Nei vertici multilaterali il presidente americano non perde occasione per regalare sorrisi all’italiano mentre twitta battute velenose sulla Merkel e Trudeau. La prima visita del presidente del Consiglio alla Casa Bianca non passa inosservata. Un editoriale del New York Times il 2 agosto titola su “Trump e Conte fratelli nativisti”.
Il nativismo americano è l’antica dottrina del nazionalismo etnico, ostile all’immigrazione fin dall’Ottocento. Trump allinea le affinità: «Siamo due outisder della politica. Come noi anche l’Italia è sotto una tremenda pressione dell’immigrazione illegale. La ragione per cui esiste il governo Conte è che l’Italia è stufa».
UNA BREXIT ITALIANA? È The New Yorker ad allargare il campo delle convergenze Washington-Roma. Conte per Trump, sostiene il settimanale dopo l’incontro alla Casa Bianca, «è la traduzione italiana di Brexit».
Serve ricordare quanto Trump si sia speso prima (da candidato) per sostenere l’uscita di Londra dall’Ue, poi (da presidente) per sostenere Boris Johnson cioè l’ala dura di Brexit. L’idea che l’Italia possa uscire dall’euro dopo ripetuti scontri sulle regole di bilancio, o anche soltanto che riesca a minare dall’interno la coesione europea, risponde all’istinto di Trump. Sovranista puro, in queste ore Trump esorta i suoi seguaci nei comizi a usare senza riserve la parola “nazionalismo”. È ostile a tutto ciò che indebolisce lo Stato-nazione trasferendo poteri e competenze a un piano superiore: Onu, accordi di Parigi, Wto e trattati multilaterali sul libero scambio.
IL RUOLO DI MOSCA L’attivismo russo non è meno vistoso nel corteggiare l’Italia.
Conte e Salvini sono già stati in pellegrinaggio a Mosca. Il leader della Lega e ministro dell’Interno non nasconde di sentirsi più a casa là che a Bruxelles. Putin contraccambia perché dall’Italia ha già ricevuto il più importante dei segnali politici: questo governo è contrario alle sanzioni.
C’è sempre stata una tentazione italiana di smarcarsi dall’atlantismo: il dopoguerra ha visto Dc Pci e Psi flirtare di volta in volta coi russi o con gli arabi, l’Eni e la Fiat fare affari coi nemici degli americani. Ma c’erano limiti da non oltrepassare, come scoprì a sue spese Enrico Mattei. E soprattutto, Washington ci tirava nella direzione opposta; mentre l’America di Trump fa un gioco diverso.
TIRO SU UE E MERKEL È ovvio perché Putin voglia indebolire l’Ue usando anche l’Italia: per avere un “ventre molle” alle sue frontiere occidentali, dove affondare le sue manovre espansioniste, trovare capitali e un mercato garantito per le sue esportazioni di gas.
Infine disgregare la Nato che per 70 anni ha contenuto la forza militare di Mosca. Anche Trump si è prodigato negli attacchi alla Nato, ma qui l’establishment conservatore non lo segue affatto.
Il Pentagono e i falchi repubblicani di politica estera vedono il rischio di spingere la Germania stessa nelle braccia di Mosca. Nessuno ha dimenticato che fu un asse Obama-Merkel a consentire una risposta compatta sull’annessione della Crimea e le incursioni in Ucraina.
La Repubblica.https://www.repubblica.it/