di Dario Cresto-Dina
Se la più grande saggezza è non avere paura, cominciamo dalla scuola, come ha detto un mese fa il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Vo’ Euganeo: “La scuola serve a formare cittadini consapevoli, a sconfiggere l’ignoranza con la conoscenza, a frenare le paure con la cultura”. Ora non importa se e chi abbia rimesso sul tavolo delle decisioni l’ipotesi di tornare alle lezioni a distanza nelle superiori ed è normale e prudente che se ne discuta, ma c’è un confine che governo e Regioni devono saper vedere e difendere con le stesse energie dedicate a salute e lavoro ed è quello dell’istruzione. I numeri dei bassi contagi in classe rappresentano una magra consolazione se messi accanto a un’altra cifra, gli oltre ottantamila insegnanti che ancora mancano, e alle immagini degli autobus carichi di ragazzi pigiati uno sull’altro in quasi tutte le città italiane.
Chiudere le scuole a marzo è stato doloroso, l’ammissione di una resa che ha lasciato un segno nell’apprendimento e nella serenità di migliaia di studenti – e madri e padri – , perché in classe contano sì i professori ma anche il compagno di banco, il confronto quotidiano con il prossimo, la condivisione di successi e sconfitte, persino le divergenze e le liti. È a scuola che mette le radici la società, è a scuola che spesso si trova una seconda famiglia, è a scuola che si impara la libertà con i limiti che ognuno di noi deve accettare per renderla di tutti.
Chiuderla un’altra volta, anche se in parte, rischia di essere un errore non più rimediabile.