Un canto per la sinistra nascosta sotto la tenda.

Nella partita tra Salvini e Di Maio gioca anche Berlusconi: quella che manca è una squadra di colore diverso: da Mattarella al Pd, da Bonino a Casini, adesso è il momento di giocare
Vi stupirà che io cominci il mio fondo domenicale con alcune parole che Papa Francesco mi disse nel nostro più recente incontro di un paio di mesi fa. Gli avevo chiesto quale fosse il suo pensiero sul Dio Creatore e lui mi rispose che il Creatore diffonde nell’universo tutti i semi della vita in ciascuno dei quali la Natura divina impone una forma che a sua volta ha la forza di svilupparsi. Approfondimmo questo discorso che è estremamente affascinante, ma io qui mi fermo: le parole di Sua Santità consentono di comprendere la forza della vita insieme alle sue contraddizioni, alle sue tendenze verso il bene e verso il male e, in fondo, la libertà del suo sviluppo. Noi che siamo nati e viviamo nel paese Italia stiamo attraversando un presente caratterizzato da molteplici contraddizioni. Non è la prima volta nella storia d’Italia, della sua politica, della sua economia, e perfino della sua cultura. Siamo un paese geograficamente al centro del Mediterraneo.
Questa situazione imporrebbe un popolo forte, consapevole, con una classe dirigente in grado d’affrontare le difficoltà e la convivenza con le altre nazioni del continente, ma purtroppo non è così. Anzi è esattamente il contrario: il popolo ama la libertà e la colloca tra i suoi valori. Le guerre di libertà ci furono nel nostro Risorgimento ma furono condotte da minoranze che pagarono col sangue il loro coraggio ed ottennero i risultati che volevano. Mazzini, Garibaldi, Pisacane, Cairoli, Manara, i Mille di Quarto e di Calatafimi. Questo fu il Risorgimento: minoranze eroiche che ottennero il risultato dell’Italia libera e unita.

Non stiamo a rivangare il passato che ne seguì ma esaminiamo piuttosto il presente.

Ho già scritto più volte in questi mesi, dalle elezioni del 4 marzo, che stiamo politicamente vivendo il peggio del peggio. La politica è la parte centrale che coordina l’economia, i problemi amministrativi e sociali, i rapporti con l’estero. Insomma tutto, sicché il peggio del peggio caratterizza la vita intera del Paese. È molto strano, il nostro popolo non si rende conto di quanto accade, ma una ragione c’è: bisogna combattere questa situazione altrimenti il peggio del peggio sarà ancora più profondo.
C’è l’Europa, c’è Macron, c’è la Germania e l’Austria e Trump e Putin e la Libia e Tripoli. Infine ci sono problemi interni: la Tav, l’Ilva, la Rai ed infine c’è il presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
Come si vede non è una semplice minestra ma un minestrone dentro al quale ciascuno dei due partiti di maggioranza vuole mettere le sue spezie preferite, salvo i rari casi in cui vanno d’accordo a dispetto di tutti. Sulla Tav, per esempio, il disaccordo tra i due alleati è totale: Di Maio non la vuole proseguire, Salvini invece sì. Personalmente direi che ha più ragione Salvini, ma Di Maio non ha alcuna intenzione di cedere. In quanto agli operai del cantiere ed ai loro colleghi che lavorano a Torino, i pareri tra i due gruppi sono assai diversi: i torinesi preferiscono procedere, i locali di Susa coincidono in gran parte con Di Maio, sempre che per loro si trovi una più agevole occupazione. Quanto all’opera pubblica locale, a volte dicono sì e a volte dicono no.
Insomma la Tav da anni ed anni è stata controversa. Anche nella storiografia: più di duemila anni fa Annibale varcò quelle montagne insieme agli elefanti, mentre molti secoli dopo il generale Napoleone Bonaparte lasciò i cavalli e scese in pianura con la fanteria. Come si vede da questi antichissimi eventi, il problema delle comunicazioni tra Italia e Francia in quella zona di montagna è sempre stato molto problematico, ma risolto nell’uno o nell’altro modo. Nel caso nostro, viceversa, questa soluzione non si è mai trovata. Si comincia a scavare nella montagna per molti chilometri ma poi ci si ferma a metà dell’impresa o anche prima con l’idea non già di riposarsi e riprendere ma di bloccare quell’iniziativa oppure di portarla fino in fondo scavando ancora per 57 chilometri di montagna.
L’opinione pubblica non sembra molto mobilitata da questi problemi e neppure da quello assai più popolare che riguarda la Rai. Le notizie ormai non si leggono più e non si ascoltano neppure nei telegiornali. Questi, viceversa, vengono molto usati per quanto riguarda lo sport e il calcio nazionale e internazionale in particolare. Il tifo è una delle passioni più intense. Libertà? Naturalmente. Ne volete di più? La Lega e i 5 Stelle sono perfettamente d’accordo sul tema di chi dovrà dirigere l’ente pubblico che trasmette. Lega e 5 Stelle avranno il monopolio del consiglio d’amministrazione e nomineranno insieme il direttore generale ed il presidente.
In Europa noi siamo italiani, ma chi ci rappresenta copre due aspetti assai diversi tra loro ma non necessariamente contrastanti. Di Maio vuole un’Europa populista: il populismo secondo lui è il massimo della libertà e del benessere. Il popolo comanda e quei pochi che lo guidano comandano tutti. Salvini viceversa non è affatto populista. Il suo tema si potrebbe definire quello del partito bianco, dal colore della pelle. Ma ci sono molti bianchi che lottano per gli immigrati e per i rom. Quindi Salvini è un razzista, non vuole immigrati di sorta e molto a malapena sopporta quelli da tempo residenti in Europa. Se può cerca di espellerli e non farli più rientrare dai loro paesi d’origine.
Salvini conduce di fatto la politica estera italiana pur essendo ministro dell’Interno, è amico di Putin, può esserlo anche di Trump, finge di fidarsi dei libici, non ama granché la Nato. È propenso ai nove Paesi che non usano l’euro, all’Austria, ed anche alla Danimarca, gli piace più Monaco che Berlino. Insomma il vero capo del governo italiano è lui, Salvini. Di Maio gioca a palline sotto muro, lui a scacchi d’avorio: in questa partita ha già mangiato la regina avversaria ed è quindi il futuro vincitore del campo. Attenzione però: c’è un cavallo che salta a modo suo e può dargli qualche sorpresa sgradita. Si chiama Silvio Berlusconi. Come colore appartiene al campo di Salvini ma i cavalli sulla scacchiera non hanno difficoltà a cambiar padrone. Quanto a Di Maio, lui possiede una torre e due alfieri. Questa è la partita. Non ho voglia di ripetermi ma è il peggio del peggio.
La squadra di diverso colore sulla scacchiera non c’è: qualche pedina non è una squadra soprattutto quando non c’è un Re da difendere. Più volte ho scritto che un’altra squadra da contrapporre ci sarebbe e ne ho anche fatto i nomi: Prodi, Veltroni, Gentiloni, Minniti, Renzi, Delrio, Franceschini, Calenda. E poi c’è Sergio Mattarella. E infine la struttura attuale del Pd, i radicali europeisti della Bonino, Casini. Che tutte queste forze stiano sotto le tende senza uscire mi sembra incomprensibile. Ebbene, questo è il momento, passata l’estate. Ad ottobre, in un lontano passato, i girondini di Francia inventarono la Marsigliese. Quel canto andrebbe bene anche per noi. Il tricolore l’abbiamo già: Liberté, Égalité, Fraternité. A suo modo, non certo politico ma estremamente umano, quei tre valori sarebbero condivisi anche da papa Francesco. Se tutto ciò avvenisse saremmo al meglio del meglio. Che aspettate?
Fonte: La Repubblica, www.repubblica.it/