Tassa sui super profitti contro il caro-bollette e sconti sulla benzina Decreto da 4,4 miliardi

di Tommaso Ciriaco e Serenella Mattera
ROMA — Una tassa del 10% sui profitti «in eccesso» delle aziende energetiche, per abbassare di 25 centesimi il costo della benzina per tutti, tagliare le bollette a 5,2 milioni di famiglie, aiutare le imprese «che si trovano in grande difficoltà». È una manovra di «redistribuzione» e di «giustizia sociale», quella che Mario Draghi porta in Consiglio dei ministri. La guerra minaccia di durare ancora, l’economia rallenta, sul futuro gravano incognite pesanti, rischi di razionamenti. «Non è più tollerabile », dice il premier, che in una «situazione di emergenza», con in gioco la «sicurezza nazionale », il governo non possa porre un freno alla speculazione e non riesca neanche ad accertare quanta ce ne sia stata, dietro l’aumento dei prezzi dell’energia. Questa volta, decide Draghi, è giusto che siano le aziende a pagare il prezzo.
A mercati chiusi – per evitare contraccolpi sulle quotazioni in borsa l’esecutivo approva all’unanimità misure per 4,4 miliardi, finanziate in gran parte tassando del 10% i circa 40 miliardi di extraprofitti che il comparto energetico ha realizzato negli ultimi sei mesi rispetto allo stesso periodo di un anno fa. Il resto delle risorse ce le mette lo Stato: poco meno di 300 milioni di extragettito Iva vanno a tagliare le accise di benzina e diesel fino a fine aprile. «Così evitiamo scostamenti di bilancio e manteniamo sotto controllo i conti pubblici», sottolinea Draghi, che conferma l’impegno al 2% di spese per la difesa. Ma è solo il primo step, arriveranno altre misure. Dipenderanno anche dall’esito della partita che il premier giocherà la prossima settimana al Consiglio Ue, per ottenere la separazione del mercato dell’energia da quello del gas e un tetto al prezzo di acquisto del metano. E, nel medio termine, per incassare l’emissione di Eurobond per investimenti energetici, perché – spiega – dal Recovery plan sono avanzati «circa 100 miliardi », ma non bastano. In questa battaglia Draghi non è solo. In mattinata ospita a Villa Madama lo spagnolo Pedro Sanchez e il portoghese Antonio Costa e, insieme al greco Kyriakos Mitsotakis, collegato in videoconferenza causa Covid, siglano il patto mediterraneo. Convergenza d’interessi attorno ad alcuni obiettivi: tenere in piedi un governo europeista e a trazione progressista, battersi per acquisti e stoccaggi comuni di energia. Sanno che la crisi ucraina promette tempi durissimi, non vogliono che l’indifferenza francese e l’ostilità tedesca a un’Unione energetica possa precipitare le capitali del Sud nell’incubo politico di pochi anni fa. «L’emergenza del gas – dice chiaramente il premier ellenico – può risvegliare anche il populismo». È stato Sanchez a sfidare i sovranisti di casa propria, annoverando anche Salvini tra i leader capaci di minare il progetto europeo. Il premier italiano ha riconosciuto che il leghista, a differenza di Vox, sostiene un esecutivo amico di Bruxelles: puntura di spillo, perché patente di europeismo a tempo. Ma anche nell’amicizia con l’Europa arriva il tempo della franchezza. I quattro leader sentono che i falchi del Nord, capitanati da Berlino, frenano. Ma vogliono vincere la resistenza. Draghi valuta fino all’ultimo di portare subito in Cdm una norma per porre un tetto al prezzo di vendita di gas ed energia praticato dalle aziende, per calmierare le bollette dei cittadini. Ma poi sceglie di aspettare le decisioni Ue. Se non arriveranno, preannuncia, agirà in quella direzione. Si fissi un tetto al prezzo di vendita – è la sfida all’Ue di Sanchez – o ci pensiamo noi, multateci voi se ritenete. L’importante è che adesso Bruxelles dimostri “coraggio”, dicono in coro i quattro leader, forti del fatto che la sostituzione del gas russo passa da canali mediterranei e mediorientali, dai Paesi del Sud, a vantaggio di tutti.
Il governo italiano intanto adotta le prime misure. Il ministro Daniele Franco, che ha lavorato con Roberto Cingolani e il sottosegretario Roberto Garofoli, svela ai ministri l’intero pacchetto solo in Cdm, raccogliendo la soddisfazione di Andrea Orlando e il plauso di Renato Brunetta che parla di «un decreto intelligente, coraggioso ed equo». Giancarlo Giorgetti nella cabina di regia che precede il Cdm lancia l’allarme: bisogna tutelare la siderurgia nazionale, dunque Ilva. C’è carenza di acciaio e di ghisa, servono rottami. Bisogna aumentare la produzione nazionale, anche derogando ad alcune disposizioni ambientali. Nel decreto arrivano per l’ex Ilva garanzie con Sace: «Nelle prossime settimane – annuncia Draghi – intendiamo prendere nuovi provvedimenti ».
https://www.repubblica.it/