“Su Borsellino il depistaggio più grave della storia d’Italia”.

I giudici: “Convergenza di mafia e centri di potere”. Chiesto il processo per tre poliziotti
palermo
«È uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana » . Le motivazioni della sentenza Borsellino quater sono un duro atto d’accusa contro i «soggetti inseriti negli apparati dello Stato » che indussero Vincenzo Scarantino a rendere false dichiarazioni sulla strage che uccise il procuratore aggiunto Paolo Borsellino e i poliziotti della scorta. Gli uomini dello Stato chiamati in causa sono alcuni investigatori del gruppo “ Falcone e Borsellino” guidati dall’allora capo della squadra mobile di Palermo Arnaldo La Barbera: dovevano scoprire i responsabili delle bombe, invece costruirono a tavolino un falso pentito, che ha tenuto in carcere dieci innocenti fino al 2008, quando poi il vero pentito Gaspare Spatuzza ha svelato l’inganno.
La corte d’assise di Caltanissetta non crede che i poliziotti agirono in modo spregiudicato per ansia di risultato. I giudici parlano di un «proposito criminoso ». E pongono tanti interrogativi, perché alcune delle notizie suggerite a Scarantino erano vere. L’autobomba era per davvero una 126. «È del tutto logico ritenere — scrive la corte — che tali circostanze siano state suggerite a Scarantino da altri soggetti, i quali, a loro volta, le avevano apprese da ulteriori fonti rimaste occulte ». Chi ispirò i suggeritori? La sentenza ipotizza « l’occultamento della responsabilità di altri soggetti per la strage nel quadro di una convergenza di interessi tra Cosa nostra e centri di potere».
Per i giudici, il falso pentito è legato al mistero della sparizione dell’agenda rossa. E un’altra volta viene chiamato in causa La Barbera: « C’è un collegamento tra il depistaggio e l’occultamento dell’agenda rossa di Paolo Borsellino, sicuramente desumibile dall’identità di uno dei protagonisti di entrambe le vicende».
Ci furono dunque poliziotti infedeli, per il funzionario Mario Bo e per i sottufficiali Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo la procura nissena chiede adesso il rinvio a giudizio per concorso in calunnia. Ma ci furono anche pubblici ministeri che coordinarono in modo inadeguato l’inchiesta. La sentenza accusa: « Un insieme di fattori avrebbe logicamente consigliato un atteggiamento di particolare cautela e rigore nella valutazione delle dichiarazioni di Scarantino, con una minuziosa ricerca di tutti gli elementi di riscontro».
— s.p.
Fonte: La Repubblica, www.repubblica.it/