Il premier sente Marco Minniti. Decidono di fissare nuove regole d’ingaggio lungo la frontiera. Immediatamente operative, visto che già a sera – trapela dal Viminale – la Direzione centrale immigrazione comunica alle autorità francesi che i loro agenti non potranno più accedere in Italia senza autorizzazione, sospendendo così gli accordi “in attesa di avere i dovuti chiarimenti sul caso”. Si tratta di una misura pesante, pronta a essere revocata di fronte a un passo indietro della controparte. Nel cassetto l’Italia lascia per ora anche l’arma più radicale, come confidano al ministero dell’Interno: “In assenza di scuse si potrebbe perfino arrivare a una frenata delle riammissioni su territorio italiano dei migranti che Parigi ci riconsegna a Ventimiglia”.
La cronaca di una crisi scoppiata per la mossa azzardata di un doganiere si impenna a metà pomeriggio della vigilia di Pasqua. Alla Farnesina il clima è elettrico. Da troppe ore i francesi non si scusano per l’irruzione di venerdì sera. E gli agenti di confine transalpini addirittura rivendicano l’incursione. E così Angelino Alfano, d’accordo con Gentiloni, decide di convocare l’ambasciatore di Francia in Italia, Christian Masset. Lo riceve il direttore generale per l’Unione Europea, Giuseppe Buccino Grimaldi. Ma neanche in quella sede le posizioni si avvicinano. Anzi, l’incontro si chiude come peggio non potrebbe.
All’Italia basterebbe un’ammissione di responsabilità pubblica per chiudere il caso. L’ambasciatore di Parigi, però, non cede di un millimetro. Sostiene che la collaborazione tra i due Paesi passa anche da azioni come quelle di Bardonecchia, regolamentate dagli accordi bilaterali. Falso, replicano i rappresentanti della diplomazia di Roma, non è possibile entrare in Italia per violare la sede di una organizzazione non governativa che da tempo non è più una caserma. Per dimostrare che i francesi hanno agito violando consapevolmente le regole, gli italiani mostrano anche le mail da cui emerge con chiarezza che quel cambio di “destinazione” era stato comunicato per tempo. L’ambasciatore francese prende tempo, ma tiene il punto. E l’incidente vira inevitabilmente verso la crisi.
Non bastano i contatti tra gli sherpa di Palazzo Chigi e quelli dell’Eliseo, né le pressioni diplomatiche a smuovere Parigi. Parte anche una nota verbale, a cui l’esecutivo francese dovrà in qualche modo replicare. Nel frattempo, il ministero degli Esteri verga una nota durissima, in cui definisce l’accaduto un “atto grave”, “inaccettabile” il comportamento degli agenti doganali d’Oltralpe. “Quanto avvenuto – è l’affondo definitivo – mette oggettivamente in discussione con conseguenti e immediati effetti operativi, il concreto funzionamento della sinora eccellente collaborazione frontaliera”. Poche ore e gli “immediati effetti operativi” prendono la forma di un pesante giro di vite che raffredda la collaborazione tra i due Paesi.
Il braccio di ferro si trasferisce presto sul piano politico. E condiziona l’atteggiamento dei leader alla vigilia della formazione del nuovo governo. Il più duro di tutti è Matteo Salvini, che chiede a Gentiloni di “allontanare i diplomatici francesi” e promette: “Con noi al governo l’Italia rialzerà la testa in Europa, da Macron e Merkel non abbiamo lezioni da prendere”.
Più istituzionale Luigi Di Maio, che plaude alla Farnesina e reclama “chiarimenti”. Arriveranno da Alfano, che riferirà presto in Parlamento, come sollecitato anche da Anna Maria Bernini (FI). E anche il Pd si fa sentire. “Così di certo non si fa la nuova Europa”, twuitta il reggente dem Maurizio Martina. “L’irruzione – aggiunge Enrico Letta – è l’ennesimo errore su questione migranti. Poi in Europa si stupiscono dell’esito elettorale in Italia!”.
Le prossime ore serviranno a capire quanto lo strappo sarà difficile da ricucire. Di certo, servirà un colloquio tra Gentiloni e Macron. Al Viminale, intanto, nessuno ha voglia di elevare ulteriormente il livello dello scontro, ma neanche di nascondere la ferita. “Forse è stato solo un errore di un comandante locale – è la linea – che si è fatto sfuggire la mano, ma ci aspettiamo delle scuse. La verità è che la Francia predica bene, ma spesso razzola male”.
Le relazioni tra i due Paesi sul nodo immigrazione, in effetti, scontano parecchie recenti battute d’arresto. Un esempio? Degli oltre 12mila rifugiati ricollocati dall’Italia in altri Paesi europei, la Germania ne ha accolti 5 mila, la Francia si è fermata a quota 555. Adesso la crisi lungo il confine, che congela i pattugliamenti e allontana ulteriormente Roma da Parigi.