Salvini all’angolo “Aspetto la proposta” Ma l’altra Lega dice sì

di Emanuele Lauria
ROMA — «L’estensione del Green Pass? Non ne sappiamo nulla. Quando ci sarà una proposta del governo, ne parleremo…». Matteo Salvini si arrocca nell’attesa di un incontro con il premier Mario Draghi ma i big della Lega sono già avanti: uno alla volta, il capodelegazione Giancarlo Giorgetti e i governatori Fedriga, Zaia, Fontana hanno espresso un pieno riconoscimento dell’utilità del lasciapassare sanitario che delinea già la posizione finale del partito. Arriverà il sì del Carroccio all’allargamento ai dipendenti pubblici dell’obbligo del certificato. Per quanto riguarda ulteriori provvedimenti, si vedrà. Però Giorgetti si spinge persino oltre. E a metà pomeriggio, davanti agli imprenditori riuniti ad Assisi, apre pure all’ipotesi di un pass per tutti i lavoratori. Mettendo al primo posto le esigenze delle aziende: quelle di avere «un sistema di certezze sia sotto il profilo sanitario che sotto il profilo dell’organizzazione del lavoro». Se si estende il Green Pass «non bisogna discriminare nessuno», scandisce il ministro dello Sviluppo economico. Dunque neppure i privati. Quasi un rilancio. D’altronde, è il ragionamento, come fa la Lega – che ha sempre avuto nel mondo produttivo del Nord il perno del suo elettorato – a opporsi a un provvedimento caldeggiato anche da Confindustria?
Vince insomma il “pragmatismo” invocato domenica sera dallo stesso Giorgetti. E sposato ieri dal governatore del Friuli Massimiliano Fedriga: «Alle imprese noi dobbiamo dare garanzie e fiducia. Quindi dobbiamo dire con chiarezza che invece di chiudere c’è l’alternativa, cioè tenere aperto col Green Pass». Il lasciapassare sanitario come male minore, insomma. D’altronde, di una misura «da estendere con gradualità» aveva parlato anche il presidente della Lombardia Attilio Fontana. Mentre il veneto Luca Zaia, senza indugi, aveva definito il Green pass «una patente di libertà».
Di fronte a queste prese di posizione dei maggiorenti del partito, è alle viste un nuovo cedimento di Salvini rispetto alla linea dura fin qui professata, che lo ha visto vicino alle istanze dei no vax (o solo dei no Pass). Il leader è all’angolo, anche se formalmente nella Lega non c’è alcuna divisione. Perché, prima che si surriscaldasse il dibattito, il numero uno di via Bellerio e i governatori avevano sottoscritto un documento in cinque punti: il secondo prevedeva «l’utilizzo del Green Pass per favorire aperture in sicurezza a partire dai grandi eventi ma senza complicare la vita agli italiani». In questa fattispecie rientra l’estensione del certificato ai dipendenti pubblici? Per Giorgetti non ci sono dubbi: sì. E l’ombrello è così ampio da coprire anche ll via libera a un impiego più diffuso del Green Pass. Da coprire distanze evidenti, quelle fra Salvini e Giorgetti che ieri hanno fatto campagna elettorale in Umbria senza incontrarsi, da giustificare una politica del doppio binario: su uno viaggiano i proclami salviniani contro “vincoli e imposizioni” che attirano gli ancora troppi scettici del vaccino, sull’altro c’è l’adesione alle disposizioni del governo che invece accontenta gli imprenditori che vogliono scacciare l’incubo di un nuovo lockdown.
Il nuovo atto della rappresentazione oggi, in Senato, con l’esame del primo decreto sul Green Pass, quello approvato dal consiglio dei ministri a fine luglio. La Lega non presenterà emendamenti neppure a Palazzo Madama ma non si sa ancora come si atteggerà rispetto alle proposte abrogative di Fdi, già appoggiate fra le polemiche alla Camera. «Decideremo domattina (oggi, ndr), dopo esserci riuniti in gruppo con Salvini», dice il presidente dei senatori leghisti Massimiliano Romeo. Non è da escludere un battage d’aula, molto piàù difficile uno “strappo”. Esattamente come una settimana fa. Al Senato ci saranno comunque ordini del giorno leghisti, analoghi a quelli presentati a Montecitorio, ai quali la parte più aggressiva della Lega si aggrappa per ottenere dividendi politici: dai tamponi a prezzo simbolico per giovani e famiglie in difficoltà al riconoscimento dei test salivari, fino ai risarcimenti per i danni da vaccino. L’obiettivo residuale di Salvini, a questo punto, è quello di fare attuare questi impegni, mentre il suo campo di battaglia principale è ormai quello dell’assalto alla ministra Lamorgese, contro la quale – dopo l’accoltellamento di Rimini – il segretario sta scatenando il massimo della potenza di fuoco della Lega: sul fronte, ieri, anche i sindaci e le parlamentari del Carroccio. Tutti a chiedere le dimissioni della titolare del Viminale, in una sfida a distanza con Giorgia Meloni. Clima accesissimo, che difficilmente si raffredderà prima delle elezioni amministrative di ottobre. Ma sul Green Pass, nella Lega, la spuntano i “moderati”.
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