Rosario Villari. Il racconto della Storia.

di Gastone Saletnich

Rosario Villari era nato a Bagnara Calabra il 12 luglio del 1925. Professore emerito di storia moderna all’Università “La Sapienza” di Roma e, dal 1990 accademico dei Lincei, aveva condotto gli studi universitari tra Firenze e Messina, dove era stato discepolo e amico di Galvano Della Volpe e assistente di Ruggero Moscati. Dal 1956 al 1960 fu redattore della rivista Cronache Meridionali dove s’impegnò pubblicando testi dei meridionalisti ‘ante litteram’, tra gli altri quelli dell’abate Galiani (sec. XVIII) e dei liberali napoletani (XIX sec.). Temi che ritroviamo nei suoi saggi degli anni Sessanta, pubblicati da Laterza: Mezzogiorno e contadini nell’età moderna (Bari, 1961); Il Sud nella storia d’Italia (antologia storica della questione meridionale, Bari, 1961); Conservatori e democratici nell’Italia liberale (Bari,1964); La rivolta antispagnola a Napoli. Le origini 1585-1647 (Bari, 1967), frutto di complesse ricerche d’archivio sui rapporti tra la Spagna e l’Italia meridionale.  Attraverso questi studi Villari cominciò a darci un’importante e originale punto di vista in merito alla collocazione del Sud nel nostro Paese e nel processo di formazione dell’Europa moderna, valorizzando, sulla base di una vastissima esplorazione nelle biblioteche e negli archivi anche stranieri, il contributo che in quei secoli il Meridione diede alla civiltà europea.

Su questo iniziale orientamento delle sue ricerche storiche ebbero grande influenza l’insegnamento e la frequentazione di Federico Chabod e Delio Cantimori.

Già nei suoi primi scritti si cominciò infatti ad avvertire un approccio storico nuovo e un nuovo tipo di riflessione teorica e metodologica: la Storia concepita non in modo tradizionale, ma come raccordo delle esperienze e dei conflitti sociali, dello sviluppo economico e dei movimenti ideali.

Villari era assolutamente convinto che il racconto della Storia fosse di fondamentale importanza per la formazione culturale, morale e civile, di un Paese.

Rientra in questo impegno la pubblicazione nel 1969 del suo primo testo di storia per le scuole secondarie superiori. Il suo pensiero, nella sua semplicità, rappresentò una vera e propria svolta nell’insegnamento di questa materia. La scuola, e conseguentemente la manualistica, dovevano proporre obiettivi, mezzi e linguaggi nuovi, interpretando al meglio i mutamenti sociali in atto in quegli anni. Il suo manuale finì con l’imporre un rinnovamento del panorama editoriale scolastico, rompendo una lunga tradizione della vecchia scuola italiana, abituata all’uso di soli due testi ufficiali, il Silva e il Maranesi.

Villari costruì il suo impianto narrativo attorno all’analisi della struttura politico-economica procedendo all’individuazione delle implicazioni e dei nessi tra i vari aspetti (sociali, culturali, religiosi) delle vicende storiche. Novità assoluta fu l’utilizzo e l’inserimento al lato del testo dei sommarietti con il fine di agevolare l’allievo nella comprensione dei punti cardini del paragrafo e insieme guidarlo nell’attività di sottolineatura.

La vera novità però fu quella di far precedere l’uscita del manuale dalla pubblicazione di un’edizione provvisoria indirizzata agli insegnanti, stimolando così un loro diretto coinvolgimento. Una scelta lungimirante, finalizzata non solo a un nuovo modo di scrivere la Storia, ma anche a un’attualizzazione della didattica, ovvero del modo di insegnare.

Nella prefazione si rivolse direttamente ai docenti dichiarando di «ritenere opportuno far conoscere il primo volume, non ancora completo, del corso di storia al quale sta lavorando, […] per tenere in considerazione consigli e critiche, utili al miglioramento dell’insegnamento della storia». Una scelta epocale per quegli anni. Il testo ebbe un grande successo, con tre edizioni e circa due milioni di copie vendute nell’arco di trent’anni, tanto che il termine “Il Villari” è rimasto sinonimo di storia in tutti i licei del nostro Paese.

L’autore finì per pagare questo successo, venendo posto sotto accusa parecchi anni dopo, in occasione della polemica pretestuosa contro la presunta egemonia intellettuale della sinistra, nella scuola italiana. Un racconto complesso, problematico, non nozionistico, e una Storia non valoriale, ma formativa da raccontare, da saper comunicare. Principi che Villari seppe trasmettere anche nel corso delle centinaia d’ore, spese durante le lezioni universitarie, basti ricordare all’inizio degli anni Novanta un corso monografico per la cattedra di storia moderna alla “Sapienza” di Roma, incentrato sulla visione dei vinti, ossia sulla percezione che i nativi americani avevano degli spagnoli, che si apprestavano a conquistare il Sud America. Le aule dove lui teneva le sue lezioni erano sempre stracolme di studenti, attenti, rapiti da quel suo modo di raccontare. Convinto sostenitore del valore educativo e morale della Storia, si è per anni impegnato in prima persona per la sua divulgazione, partecipando al dibattito culturale e storiografico degli ultimi trent’anni con saggi e articoli pubblicati in varie sedi e occasioni, in Italia e in altri Paesi, e con interventi in trasmissioni radiofoniche e televisive.

Il suo ideale lo portò a essere deputato nella VII Legislatura (1976-79) nelle file del Partito comunista italiano. Durante il suo mandato si profuse con lo stesso impegno di storico nella valorizzazione della cultura come momento fondate di ogni democrazia.

Dal 1990 al 1995 è stato presidente della giuria del premio letterario Viareggio, dal 1996 al 2000 presidente della Giunta centrale per gli Studi storici e membro del Bureau del Comitato internazionale di scienze storiche e tra il 1998 e il 2002 consulente di RAI Educational per la Storia.

Storico di caratura internazionale (alcuni suoi libri sono stati tradotti in inglese, tedesco, spagnolo, portoghese e altre lingue) ha tenuto lezioni e seminari alla Sorbonne e nelle Università di Madrid, Siviglia, Valladolid, Oxford, Reading, Chicago, Berkeley, San Diego. È stato visiting professor nel St Antony’s College di Oxford (1974) e nella Newberry Library di Chicago (1980) e nell’anno accademico 1981-82 è divenuto membro dell’Institute for Advanced Study di Princeton (USA) e infine direttore del Dipartimento di studi storici dell’Università di Roma “La Sapienza”.

Tra le sue numerose pubblicazioni: Mezzogiorno e democrazia, Roma-Bari, Laterza, 1979; Ribelli e riformatori dal XVI al XVIII secolo, Roma, Editori Riuniti, 1979; Elogio della dissimulazione, Roma-Bari, Laterza, 1987; L’uomo barocco, Roma-Bari, Laterza, 1991; Come è nata l’Italia. Il Risorgimento, appendice al quotidiano la Repubblica, intervista in 12 puntate (24 settembre-10 dicembre 1991); Per il re o per la patria. La fedeltà nel Seicento, Roma-Bari, Laterza, 1994; Scrittori politici dell’Età Barocca, Roma, Poligrafico dello Stato, 1998; Mille anni di storia. Dalla città medievale all’unità dell’Europa, Roma-Bari, Laterza, 2000; Politica barocca. Inquietudini, mutamento e prudenza, Roma-Bari, Laterza, 2010; Un sogno di libertà. Napoli nel declino di un impero. 1585-1648, Milano, Mondadori, 2012.

Con la sua scomparsa il nostro Paese, perde uno storico dal valore assoluto, che ha vissuto il suo lavoro, non come qualcosa di fine a sé stesso, una chimera dai contorni meramente accademici, ma come impegno civile, politico e sociale, così come si evince dalle sue parole: «Le comunità in cui la conoscenza della storia è più radicata e diffusa hanno qualche vantaggio rispetto a quelle in cui prevale la strumentalizzazione politica, la visione retorica o il culto integralista del passato. Purtroppo, però, queste ultime sono più numerose delle altre».